Candidarsi per ospitare (e realizzare) un’Olimpiade costa caro
16 Ottobre 2009
Sognare non costa nulla. Ed è per questo che risuonano del tutto gratuiti, i recenti annunci in serie di varie amene località italiane; a quanto pare tutte dedite, ultimamente, a una più che intensa attività onirica. They Have a Dream! L’importante è partecipare a un sogno collettivo, condiviso da una piccola comunità in cerca di rivincite.
Perché non c’è città capoluogo di regione o addirittura di provincia che non confessi pubblicamente, candidamente, di coltivare un grande sogno: ospitare l’Olimpiade nel giardino di casa. Organizzare i Giochi nel proprio cortile. E d’altronde sognare anche solo la presentazione di una candidatura – a cinque stelle, ai Cinque cerchi – a livello nazionale, non costa nulla, tanto più se il ministro del Turismo Michela Brambilla dice "Il fatto di avere 3 grandi città che hanno tutte la statura per ospitare i giochi olimpici non è un caos ma un di più che non tutti i paesi possono vantare".
Piuttosto, costa già più fatica ammettere che anche solo la presentazione ufficiale di una candidatura presso il Coni (primo stadio di brusco risveglio, e il Coni ricorda che "solo una città potrà essere proposta" in sede Cio, nel caso) rappresenterebbe un’opportunità, sicuro, ma anche un rischio altrettanto certo. Anzi un azzardo, qualora alla sedicente sede mancassero i minimi requisiti per poter essere presa in considerazione. Presa sul serio, insomma. Dato che la brutta figura è dietro l’angolo.
Appena oltre l’effetto annuncio, certificato il conseguente danno d’immagine per effetto di una bocciatura, preventiva. Infine, costa tantissimo ammettere che guardando alla qualità delle recenti candidature olimpiche considerate dal Cio (secondo stadio di risveglio coatto, candidature selezionate tra le migliori quattro al mondo, durante la ricerca di un posto al sole dove far svolgere le Olimpiadi estive) beh, guardando a Londra prima e quindi a Rio de Janeiro, e perché no pure alle altre candidate Madrid, Tokyo e Chicago, ci si accorge ben presto che l’Italia per i Giochi ha in effetti poche, pochissime carte da giocare. Perdipiù, da giocare una alla volta. Allora, realisticamente: c’è forse un’alternativa credibile, praticabile, sostenibile, all’eventuale candidatura di Roma?
Promemoria ad uso di chi pensa che sì, l’alternativa c’è e si chiama Venezia, Palermo, Bari, e non solo. La procedura di assegnazione dell’edizione 2020 delle Olimpiadi si aprirà a breve, tra meno di due anni. Quando i comitati nazionali potranno presentare al comitato internazionale regolare domanda di candidatura, a nome di una città. Tempo altri nove mesi, poi, ed ecco che la commissione esecutiva del Cio selezionerà le quattro candidature ritenute migliori. Seguiranno altri esami di questi progetti-lavori in corso fino alla valutazione finale degli stessi e all’elezione della sede designata, a ottobre 2013. Capitoli esaminati dal Cio: sostegno governativo alla candidatura, rispetto delle norme giuridiche (e della Carta olimpica, e del Codice mondiale anti-doping), sostegno dell’opinione pubblica, condizione delle infrastrutture generali e delle strutture sportive a disposizione, locazione del villaggio olimpico, prospettive di sviluppo economico e livello d’impatto ambientale della manifestazione, disponibilità alberghiera, piano trasporti, sistema di sicurezza, esperienza nell’organizzazione di eventi sportivi, piano finanziario. Budget dichiarato – per esempio – a disposizione del comitato per Rio de Janeiro 2016: 2,82 miliardi di dollari. Perché anche la realizzazione di un sogno olimpico ha un prezzo.