Caos in Uk sui matrimoni gay. Sarà scisma tra Stato e Chiesa?
14 Giugno 2012
In queste ore c’è aria di tempesta in Inghilterra. E non per l’imperversare del monsone. Oggi David Cameron chiuderà la consultazione “Equal civil marriage: a consultation” sulla sua proposta di legalizzazione delle nozze tra omosessuali a partire dal 2015. Se il governo darà il via libera alle nozze gay, la Church of England ha annunciato che divorzierà dallo stato. Smetterà, cioè, di celebrare matrimoni per conto della Gran Bretagna.
Una decisione shock quella del clero anglicano che ha definito i piani per la legalizzazione all’esame dell’Home office “forieri di divisioni” e “legalmente sbagliati” e che potrebbe creare un conflitto insanabile tra Chiesa e Stato come non si vedeva dal regno di EnricoVIII. A distanza di cinque secoli, insomma, un altro scisma. E sempre sullo stesso tema: il matrimonio. Una spaccatura che potrebbe rimettere in discussione non solo il diritto dei cittadini britannici di sposarsi in chiesa ma anche il ruolo granitico della regina, da sempre a capo della Chiesa d’Inghilterra.
Non sono bastate le rassicurazioni ai leader religiosi del premier britannico durante il suo discorso nel giorno di Pasqua. “Se la questione andrà avanti cambierà quello che accade in un’anagrafe; non cambierà quello che accade in una chiesa”. E neppure le precisazioni – peraltro già anticipate qualche mese fa dallo stesso Cameron – del ministro dell’Interno Theresa Mayha che ha sottolineato come la scelta del governo non obbligherebbe nessuna chiesa a celebrare matrimoni contro la propria volontà: “Semplicemente ristabilirebbe un piano di uguaglianza”. No, non è bastato a far alzare un muro di ferro dalla chiesa anglicana. In un commento di 13 pagine presentato lunedì scorso, la Church of England è stata netta, non lasciando spazio alle parziali aperture concesse otto anni fa sul tema delle partnership civili e dei diritti umani: “Un simile passo andrebbe ad alterare quell’intrinseca natura del matrimonio come unione fra un uomo e una donna che è onorato da tutte le istituzioni umane attraverso la storia”.
Persino il comprensivo vescovo di Leicester, Tim Stevens, guarda con preoccupazione alle possibili conseguenze che potrebbe avere la modifica della definizione di matrimonio: “Chi ci assicura che una volta che il matrimonio assumerà un altro significato per la legge inglese la Corte europea dei diritti umani non obblighi anche noi a rispettarla e a sposare gli omosessuali?”.
I punti chiave della proposta – l’opportunità per coppie formate da soggetti dello stesso sesso di sposarsi in cerimonie civili, la possibilità di convertire le attuali partnership civili in unioni matrimoniali e per una persona di cambiare sesso restando legalmente sposata e mantenere la proibizione a celebrare nozze religiose per le coppie lesbiche e omosessuali – sono stati riassunti dal governo Tory in un’unica domanda da sottoporre agli inglesi: “Siete favorevoli ai gay marriages”? Dal 15 marzo scorso ad oggi il risultato della consultazione è stato clamoroso: 550 mila sudditi di Elisabetta hanno detto ‘sì’. Un plebiscito. In più un sondaggio pubblicato ieri dal Times sette britannici su dieci sono favorevoli ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Nonostante il largo consenso il tema resta controverso. Se da una parte gli attivisti per i diritti umani attaccano la Chiesa accusandola di essere “maestra nel melodramma e nell’intimidazione”, dall’altra il Consiglio Musulmano della Gran Bretagna pone il suo veto: “La proposta non aiuta e non è necessaria”. Ma il dibattito è anche tutto interno ai Conservatori. Se la posizione di Cameron resta (apparentemente) chiara ed è dettata da una doppia volontà – scollare dalla fronte dei Tory l’etichetta di “omofobi” e allungare la mano a quella fetta considerevole di elettorato che in poco meno di un anno gli aveva voltato le spalle facendo crollare vertiginosamente l’indice dei consensi nella comunità omosessuale dal 39% al 9% – non mancano resistenze nel partito del premier britannico. Come quelle dell’ex ministro della difesa britannico, Liam Fox, che ha dichiarato a proposito della questione: “È un tema controverso ma per quanto mi riguarda sono più a favore della mobilità sociale che dell’ingegneria sociale”. Parole a cui fanno da contraltare quelle del ministro alla polizia Nick Herbert, conservatore e gay, che sottolinea come si tratti “né più né meno di un tema basilare di eguaglianza”. Insomma sull’argomento i Tories continuano a essere divisi.
Fatto sta che, chiusa questa settimana di consultazioni, dalla prossima il governo legifererà. La rivoluzione è vicina e per la portata che avrà non rimarrà certo dentro i confini della Gran Bretagna. La controversia inglese, infatti, si inserisce in un orizzonte più vasto. Dopo la realtà della Spagna zapatista e l’accenno che ha già fatto il neopresidente francese Hollande, non è escluso che il ‘sì’ di Londra possa condizionare altri Paesi. Intanto ci chiediamo: sarà scisma tra Stato e Chiesa? A breve il responso.