Carceri campane, il dramma dei detenuti in condizioni disumane
15 Febbraio 2012
L’Italia può essere considerata, dati alla mano, “maglia nera” nella gestione del sistema carcerario. Dal 1959 al 2010, il nostro Paese è stato condannato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo ben 2.121 volte e, all’interno dei paesi dell’Unione Europea, il nostro Paese detiene il primato per le condanne relative alla condizione dei detenuti mentre è seconda rispetto a tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa, precedendo perfino la Russia. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo sulla questione, ha dichiarato che le condizioni dei detenuti sono distanti dal dettato costituzionale e che auspica, per loro, una situazione quantomeno rientrante nei limiti dell’accettabilità.
Le carceri campane sono uno degli specchi che più riflette la gravità di questa situazione. Tra settembre e ottobre 2010 sono stati registrati ben tre casi di suicidio nel carcere partenopeo di Poggioreale: qui il 9 Settembre 2010 Francesco Consoli, un transessuale pugliese di 34 anni, si è tolto la vita inalando del gas. Poche settimane prima un altro detenuto era morto dopo essersi somministrato un mix di farmaci, illecitamente introdotti all’interno della prigione, mentre il 4 ottobre Antonio Granata, 35enne di origini campane arrestato il 29 settembre, è stato trovato impiccato nella sua cella. Nel 2011 non è andata meglio, anzi. A leggere il rapporto dell’associazione Antigone si resta di sasso. Solo prendendo l’esempio di Poggioreale, la relazione è la seguente: “I reparti più sovraffollati sono il Padiglione Napoli (presenti 450/ capienza 240) e Padiglione Milano (presenti 379/capienza 200). In una cella si arriva sino a 12 -14 detenuti, con i letti a castello impilati per tre e un solo bagno interno alla cella. Ad esclusione del Padiglione Firenze (presenti 354 detenuti) negli altri padiglioni le docce sono solo esterne. C’è l’acqua calda. La luce entra nelle celle e d’estate il sole è così forte che i detenuti coprono le finestre utilizzando un asciugamano bagnato. Il blindato viene chiuso la notte e aperto alle 6.00 del mattino. Le docce esterne sono accessibili due volte a settimana. Causa motivi di sovraffollamento le ore d’aria sono solo 2. D’estate non vi sono attività formative e/o scolastiche. Da marzo 2010 a giugno 2011 – si legge -cinque decessi noti, di cui due suicidi”. Una situazione, quella descritta, che non pare accennare ad alcun miglioramento.
Eugenio Sarno, segretario generale Uil Pa Penitenziari, senza usare mezzi termini la definisce “una mattanza”e esprime forti perplessità circa la capacità del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del ministero della Giustizia di arginare, nel breve periodo, l’ondata di decessi e suicidi. Continua Sarno: “Tra auto soppressioni, aggressioni, violenze, sovrappopolamento e violazione del diritto le nostre galere hanno perso ogni residuo di civiltà, umanità e legalità. Nonostante gli sforzi del personale, abbandonato a se stesso, nulla si può se non intervengono quelle soluzioni strutturali più volte richieste”. Dunque, per Sarno, servirebbero riforme in grado di incidere sulla situazione critica delle carceri e di riportarla, se non alla piena normalità, almeno a livelli di decenza.
Della situazione campana se ne stanno occupando molte personalità politiche – sia a destra che a sinistra – e movimenti sensibili al tema, come i Radicali Italiani tramite l’associazione “Per la Grande Napoli”. Durante un sit-in, organizzato lo scorso 16 luglio di fronte al carcere di Poggioreale, il segretario dell’associazione Luigi Mazzotta ha lanciato una denuncia chiara e precisa:“Il sovraffollamento delle carceri, soprattutto quelle campane, si combina con strutture vecchie e inadeguate che rendono incompatibile la condizione di detenuti con il rispetto dei diritti”, e ha sottolineato dunque l’urgenza di un’amnistia che possa quantomeno arginare il problema nel breve periodo ed evitare che la situazione possa ulteriormente peggiorare.
Stando alle dichiarazioni più recenti, durante un sopralluogo svolto il 10 febbraio scorso a Poggioreale, al quale ha partecipato anche il senatore del Popolo della Libertà Luigi Compagna, Mazzotta ha avuto modo di ribadire che“i carcerati sono costretti a vivere in condizioni disumane” e che “il diritto alla salute e alla rieducazione qui è negato per definizione”. “Abbiamo avuto – riprende Mazzotta – un colloquio con il direttore dell’istituto, Cosimo Giordano, che si è espresso favorevolmente rispetto al provvedimento di amnistia che Marco Pannella e noi Radicali continuiamo a chiedere con forza, come unica soluzione possibile per riportare le carceri al rispetto dei diritti umani e della Costituzione italiana”.
A fronte della sua esperienza nel carcere di Poggioreale, il parlamentare del Pdl Alfonso Papa, nel corso di un’intervista, alla domanda: “Cosa le resta dentro, come uomo, dopo l’esperienza in cella?”, ha risposto così: “Porterò sempre dentro la sofferenza inumana a cui è sottoposta la popolazione carceraria, detenuti e operatori penitenziari. Manca la dignità e ogni giorno in più in celle sovraffollate e fatiscenti, è un giorno in più di tortura. In pratica hanno più diritti i maiali. Le carceri italiane – lancia la sua accusa Papa – non rispettano il dettato costituzionale.”
Una descrizione più o meno identica della situazione la fa Diego Lombardo, 52 anni, malato di tumore e detenuto nel carcere di S. Maria Capua Vetere. Abbiamo avuto modo di intervistarlo all’indomani della scarcerazione per differimento pena, avvenuta il 1 Febbraio scorso dopo una lunga serie di battaglie e campagne di sensibilizzazione, nonché di un’interrogazione parlamentare a cura della deputata radicale Elisabetta Zamparutti. Lombardo, descrivendoci la sua esperienza, non usa mezzi termini: “Vivevo in una stanza di 20mq abitata da ben sette persone, di cui una malata di tumore. Fortunatamente ho avuto modo di avvalermi della collaborazione e la comprensione degli altri detenuti che mi hanno esentato dagli oneri di pulizia della cella. In quella cella vivevamo in meno di 3mq per detenuto. Per non parlare del vitto. Non esiste una dieta specifica per gli ammalati, né diabetici né malati di tumore.”
Sia Papa che Lombardo fanno riferimento alla decisione della Corte Europea che stabilisce uno spazio minimo di 7 mq da riconoscere ad ogni detenuto, spazio vitale, sotto il quale la pena si trasforma in tortura (art. 3 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo: «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»). Non mancano anche problemi relativi alle condizioni igienico-sanitarie. E’ il caso dei servizi igienici per i detenuti della Casa Circondariale di Salerno. In una nota, il segretario nazionale del Li.Si.A.P.P. (Libero Sindacato Appartenenti Polizia Penitenziaria, ndr), Daniele Giacomaniello, rileva che“le strutture detentive non sono in linea con le normative vigenti. La C.C. di Salerno, ad esempio, ad oggi non è ancora in grado di assicurare ai ristretti l’utilizzo dei servizi igienici come disciplinato dall’Art 7. del D.P.R. 30 Giugno 2000 N.230 (regolamento di esecuzione della legge 354/75)”.
A fronte delle tante testimonianze agghiaccianti relative alla condizione del detenuto nelle strutture carcerarie campane e ai dati allarmanti registrati su tutto il territorio nazionale, serve un marcato intervento del legislatore per far fronte ad un problema che è divenuto, ormai, una vera e propria emergenza. Abbiamo già avuto modo di parlare, in precedenza, del notevole impegno e interesse dei Radicali Italiani e delle associazioni che fanno a loro riferimento sul territorio partenopeo, nonché dell’attenzione riposta al caso dal Senatore Pdl Luigi Compagna. Anche il gruppo consigliare campano del Pd ha avuto modo di interessarsi alla questione, a dimostrazione del carattere bipartisan di questa battaglia. Il Consigliere Regionale Donato Pica ha presentato, nell’agosto scorso, una proposta di legge in Consiglio Regionale. Questa proposta consta di 16 articoli, miranti all’introduzione di misure atte alla realizzazione di politiche tese al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti per ridurre il rischio di recidiva.
Insomma, quello che si registra è un clima di forte collaborazione e di attivismo delle forze politiche di ogni schieramento per arginare e risolvere la questione delle carceri: un tema ormai divenuto prioritario all’interno dell’agenda politica nazionale e campana perché ha a che fare con la tutela e il rispetto della persona, valori fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione.