Caro Feltri, non ero un “bamboccione” e mi sono goduto la vita

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Caro Feltri, non ero un “bamboccione” e mi sono goduto la vita

03 Febbraio 2010

Vittorio Feltri ha descritto in questo modo gli under 30 precari che vanno a vivere da soli: “E’ masochista chi, per un malinteso senso della libertà, rinuncia a un  comodo appartamento, ben riscaldato, bene arredato, nel quale la mamma  provvede a tutto, pulire, lavare, stirare, cucinare, e va ad abitare solo come un cane in un bilocale mansardato, travi a vista contro cui sbattere la testa tre volte al dì, bagno angusto, fumare due sigarette di fila significa provocare l’effetto camera a gas, la sera gli tocca lavarsi le mutande, cene in piedi davanti al frigo spalancato recuperando mozzarelle scadute, prosciutto secco, sardine sottolio tipo rancio di caserma”.

Sarà… ma dieci anni fa quand’ero giovane io non ho mai patito angherie del genere, nonostante avessi lasciato il tetto paterno. E’ vero, ho sempre vissuto in case piuttosto fumose che facevano storcere il nasino alle ragazze di Piazza Vescovio che però si prodigavano di assegni pur di farsi compilare una tesi universitaria da 110 e lode, ma quella stanza era solo un punto di partenza, vivendo io praticamente altrove il novanta per cento del tempo.

Eravamo un vasto branco di studenti e lavoratori precari “illuminati” che mettevano a disposizione la propria abitazione per viverci insieme. Forse non ci crederete ma la cosa funzionava e funziona anche oggi. Era un continuo giro di case, palazzi, città, in Italia e fuori. Un divertimento pazzesco. Forse potrà sembrare sovversivo vivere tutti insieme allegramente in una grande casa, per me invece era – ed è – un modo sano di godersi la vita, in piena libertà e autonomia. Non vi dico poi che razza di fauna amicale puoi collezionare, meriterebbe un racconto a parte.

Avevamo appartamenti ben riscaldati e arredati (lasciate che tre ragazze si mettano in moto per arredare una casa…), e visto che ognuno di noi un lavoretto lo racimolava sempre c’era tempo per banchetti sontuosi, vini non spregevoli e altre amenità ricreative. Per quanto riguarda poi le incombenze come pulire, lavare, stirare e cucinare, che a Feltri sembrano problemi insormontabili della vita da single, era sufficiente organizzare una colletta tra gli inquilini per rivolgersi a non sempre affabili ma utilissime donne delle pulizie, lavatrici a gettoni (ce ne sono per tutte le tasche), trattorie e pizzerie indimenticabili. Posso assicurare che si sta meglio del “Giovin Signore”, sicuramente meglio di chi – in cambio delle cure paterne – deve sorbirsi ancora delle ramanzine sull’orario in cui è rientrato a casa il sabato sera. 

Anche noi amiamo i nostri genitori, come puntualizza il Direttore nella conclusione leggermente corretta del suo editoriale, ma avendo vissuto una decina d’anni insieme ai nostri coetanei siamo cresciuti anche attraverso il confronto tra pari, non solo quello con mamma e papà. Per alcuni, insomma, ha contato anche la “generazione”. Certo, se ti rinchiudi in casa e quando apri il frigo trovi le uova che fanno l’SOS, la vita inizia a complicarsi un attimo. Può prenderti lo scoramento ed esci sul balcone a ululare alla luna. Ma questo se mai accade più tardi, quando sei uscito dal branco e hai perso ogni protezione. Seguendo il ragionamento di Feltri, a quel punto, ti resta solo una moglie.