Caro Fini, non è una truffa ma non fa ridere
27 Ottobre 2010
di redazione
«Nessuna truffa». I pm di Roma che si sono occupati dell’inchiesta sulla casa di Montecarlo hanno chiesto l’archivazione del procedimento penale in cui è indagato il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Secondo il procuratore della Repubblica di Roma, Giovanni Ferrara, e l’aggiunto Pierfilippo Lavianidi sarebbero insussistenti le azioni fraudolente in merito alla vendita di un appartamento di proprietà di Alleanza Nazionale a una società offshore. Adesso sarà il gip a decidere nelle prossime settimane se archiviare o meno l’inchiesta. Evviva! Il garantismo per una volta ha avuto la meglio. Ce ne compiacciamo.
Certo è che quali che siano i pronunciamenti della magistratura, che ha deciso almeno per questa volta di abbreviare il suo corso invece di mandarla all’infinito, i nodi dell’affair Montecarlò rimangono ancora ben stretti, le domande a cui il presidente della Camera avrebbe dovuto rispondere eluse e che ancora oggi riecheggiano quelle poche lapidarie parole pronunciate da Fini su youtube, urbi et orbi: “se mio cognato è il proprietario della casa di Montecarlo lo ignoro, certo è che se lo fosse mi dimetterei immediatamente”.
A noi l’opacità e la reticenza del presidente della Camera circa la natura della transazione monegasca non ci piace e, a differenza del leader di Fli, non ci fa affatto ridere tutta questa storia, comunque vada a finire, però siamo stati tra i primi a ritenere una pura scelleratezza anche solo richiedere – figuriamoci pretendere – le dimissioni della terza carica dello Stato solo per una questione di eredità e di vendite. Perché probabilmente per gli stessi, identici motivi, quando non per ipotesi di reato di ancor minore entità, si potrebbero chiedere le dimissioni di un terzo dell’attuale parlamento in carica. Del resto, per noi la questione della casa dei Tulliani non è mai stata giudiziaria ma è sempre stata politica, e quindi non ci appare affatto dirimente quanto ha sentenziato la magistratura in favore o contro Gianfranco Fini.
Certo è che se è vero che non può esserci truffa nel vendere un immobile ad un prezzo più basso rispetto a quello di mercato, rimane il problema di chi sia stato il beneficiario di tale munificenza. Perché se vendere a poco (anche a un terzo del valore stimato) una casa non è reato, venderla a poco (ripetiamo: a un terzo del valore stimato) al proprio cognato forse non è propriamente quello che l’opinione pubblica più avveduta e obiettiva definirebbe un fatto lecito.