Caro Renzi, l’Italia non è un tavolo verde
06 Dicembre 2016
A sentire i renziani e a leggere i retroscena della stampa, lo schema nella testa di Matteo a questo punto sarebbe il seguente: pressing a tutto campo per andare subito al voto, anche prima del pronunciamento della Consulta sull’Italicum. Dopo la grande sberla referendaria, e mentre è ancora fresco il ricordo del “se perdo vado a casa”, la tentazione di Renzi è sempre quella, il contropiede immediato, il colpo di mano riassunto dal tweet di Luca Lotti: “Abbiamo preso il 40 per cento nel 2012 e nel 2014. Ripartiamo dal 40 per cento preso domenica”. Pia illusione credere che quel 40 per cento siano tutti voti renziani, ma l’obiettivo è giocarsi il tutto per tutto nelle urne, con elezioni anticipate.
Nessuna successione ‘guidata’ a Palazzo Chigi, dunque, niente dimissioni immediate come annunciato nel discorso strappalacrime dell’altra sera, ma Renzi in persona che nel giro di un paio di mesi traghetta il Paese al voto. Della serie: mi avete sconfitto? Vi dimostro che senza di me non si va da nessuna parte. Ma se questo è lo schema, vanno fatte almeno tre considerazioni. La prima è che sulla sua strada Renzi ha incontrato Mattarella. Il presidente della Repubblica è già rimasto scottato dall’annuncio a sorpresa fatto a caldo dopo l’esito del voto; c’è la legge di stabilità da chiudere ed è un passaggio ineludibile (parliamo di quella manovra che Renzi aveva riempito di mancette a destra e a manca pur di vincere il referendum e della quale adesso, a quanto pare, non gli interessa più granché). In ogni caso, il Colle frena e Renzi deve farci i conti.
La seconda considerazione riguarda il Partito democratico: per ora l’asse con il ministro Martina e Matteo Orfini regge, un parte del partito sembra disposta a seguire il segretario nella sua folle corsa verso il voto ed è probabile che nella Direzione del Pd Renzi conserverà la maggioranza che gli serve; ma la domanda è se il segretario ha ancora una maggioranza parlamentare, se il Pd eletto con i voti di Bersani seguirà il ragazzotto di Rignano sull’Arno fino alla fine della sua avventura politica. La terza considerazione, la più importante secondo noi, riguarda l’idea che ha Renzi della democrazia.
In un Paese mezzo disastrato come il nostro, la cosa più logica sarebbe votare la manovra, aspettare la sentenza della Consulta sulla legge elettorale e poi decidere il da farsi. Il premier ha 400 parlamentari, una maggioranza in tutte e due le camere, e almeno in teoria avrebbe il dovere di seguire questa strada maestra. Nella realtà Renzi si dimostra ancora una volta lo spericolato giocatore di poker che abbiamo conosciuto, un leader politico che pensa solo alla conservazione del potere, e a cui sembra del tutto estranea l’idea di bene comune.
Una specie di stalker della democrazia, del tipo ‘Italia sei mia o ti distruggo’. Il suo atteggiamento in queste ore dimostra una totale mancanza di responsabilità istituzionale, che mette a rischio il nostro sistema democratico (come del resto sarebbe avvenuto se al referendum avesse vinto il Sì). Davanti a questo comportamento, i tanto bistrattati grillini assurgono al ruolo di fari di responsabilità. Per non dire di Silvio Berlusconi che, ai tempi, se avesse ragionato nello stesso modo avrebbe potuto tranquillamente affossare Monti almeno in una delle Camere. Ma invece di pensare alla sua sopravvivenza politica, il Cav. preferì mettere al primo posto l’Italia.
Per cui, caro il nostro Matteo, se proprio vuoi andartene come avevi promesso, allora molla la poltrona di segretario del tuo partito e ritirati a fare il Cincinnato in quel di Rignano sull’Arno, meditando un ritorno in campo a tempo debito, senza stravolgere la normale vita democratica del tuo Paese. Perché l’Italia non è un tavolo verde dove gettare una fiche per cercare di fare il colpo grosso. Non siamo in una sala giochi, siamo in democrazia, la democrazia ha delle regole, e queste regole non possono essere infrante dal primo bullo di turno. Soprattutto se ha appena preso una sberla grossa così.