Caro Sacconi, l’inciucio Marcegaglia-Camusso rischia di svuotare l’art. 8
06 Ottobre 2011
Caro Ministro,
ha ragione da vendere quando afferma che "la firma dell’accordo del 21 settembre non ha né depotenziato né sterilizzato l’articolo 8 sulla contrattazione collettiva". E’ verissimo e non può essere messo in dubbio, perché un accordo collettivo non avrebbe mai potuto farlo in quanto "la fonte legislativa è ovviamente sovrordinata a quella contrattuale".
Verissimo, altresì, è che l’accordo 28 giugno "ha costituito la premessa per questa norma perché ha definito le modalità con cui si determinano, e sono da tutti accettate, le maggioranze sindacali e la rappresentatività dei lavoratori".
Infatti, quando l’articolo 8 dà facoltà agli accordi aziendali o territoriali di concludere specifiche intese in deroga ai contratti nazionali e alle norme di legge, presuppone che tali accordi "siano sottoscritti da associazione dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda", in virtù delle disposizioni normative e, soprattutto, dell’accordo 28 giugno.
La rivoluzione dell’articolo 8 tuttavia, caro Ministro, non opera automaticamente. Nel senso che, affidando una delega alle parti sociali, la sua applicazione in azienda "è rimessa alla volontà delle aziende e dei lavoratori e delle loro organizzazioni". Se è così, non possiamo sottovalutare quella clausola aggiunta il 21 settembre, in sede di sottoscrizione, all’accordo 28 giugno.
La clausola, pretesa dalla Camusso sotto forma di diktat per la firma della Cgil, recita così: "Confindustria, Cgil, Cisl e Uil concordano che le materie delle relazioni industriali e della contrattazione sono affidate all’autonoma determinazione delle parti. Conseguentemente, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si impegnano ad attenersi all’accordo interconfederale del 28 giugno, applicandone compiutamente le norme e a far sì che le rispettive strutture, a tutti i livelli, si attengano a quanto concordato nel suddetto accordo Interconfederale".
Caro Ministro, questa clausola è un patto bell’e buono tra Signori! Un patto tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil ad "attenersi all’accordo interconfederale del 28 giugno". Ora, Lei sa meglio di me che, a proposito della contrattazione aziendale, l’accordo 28 giugno afferma esattamente il contrario di quanto prevede l’articolo 8.
Ossia che "la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge". Il che vuol dire che senza il placet del sindacato nazionale, in azienda non si potrà muover un dito. Ecco il patto: senza nemmeno citarlo, i Signori si sono accordati per ignorare l’esistenza dell’articolo 8.
A questo punto, caro Ministro, per vedere effettivamente operativo l’articolo 8 occorre combinare due questioni: il presupposto della disponibilità di sindacati e aziende e la volontà degli stessi che è espressamente riluttante. Come fare?
Lei ha evocato un alto e apprezzabile richiamo al senso di responsabilità, sostenendo, giustamente, che il concreto utilizzo dell’articolo 8 chiede a “tutti” lo sforzo d’incamminarsi in "percorsi liberi e responsabili, faticosi". E’ la soluzione giusta, caro Ministro; ma altrettanto irricevibile dalle attuali leadership delle parti sociali.
Del resto, finché una sigla sindacale riesce a strappare una clausola aggiuntiva agli altri sindacati e pure a un’associazione delle imprese, vuol dire che chi ha accettato il diktat, pur non condividendo, ha già abdicato a quel senso di responsabilità da Lei evocato, evidentemente per ottenere altri favoritismi, di diverso genere, che a noi forse non è dato di capire fino in fondo.