Casini  calpesta  il referendum e vuole il voto subito perché ha paura di sparire

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Casini calpesta il referendum e vuole il voto subito perché ha paura di sparire

03 Ottobre 2011

Se la classe politica tradirà platealmente la richiesta popolare, massicciamente avanzata con ben un milione e duecentomila firme, di riformare la legge elettorale, il sistema imploderà sotto la spinta dell’indignazione che nessuna forza politica potrà cavalcare perché tutte saranno ritenute responsabili della deriva oligarchica della democrazia italiana. Lo sappiano soprattutto i due maggiori partiti, fino a prova contraria sinceramente bipolaristi, Pd e Pdl.

E non si leghino alle pretese, a dir poco oscene, di Casini che, avendo ipocritamente criticato per cinque anni la vigente legge da lui stessa voluta, con la complicità di Fini e la benedizione di Berlusconi che aveva se non altro un motivo più nobile per accettarla, vale a dire il rafforzamento del premio di maggioranza per assicurare stabilità al governo, oggi è “democraticamente” incline a ‘strafottersene’ delle tendenze manifestate dai cittadini e preferisce la scorciatoia delle elezioni anticipate per evitare il referendum e magari un’altra legge elettorale. Entrambe le prospettive lo terrorizzano in quanto il suo partito si frantumerebbe e trascinerebbe nel gorgo dell’irrilevanza, se non del tutto fuori del Parlamento, il terzo polo dall’incerta identità e dalla non robusta costituzione. 

Non è accettabile che per ragioni di bottega si mandi delusa l’aspettativa della stragrande maggioranza degli italiani che vogliono riprendersi il diritto che gli è stato negato con il “Porcellum”. E se Casini – trovando sponda in Maroni che dovrebbe avere tutto l’interesse, come ministro degli Interni ed esponente non secondario della Lega, a difendere il percorso lineare, vale a far celebrare il referendum, tra aprile e giugno, e provare a varare una legge in Parlamento – immagina che far rivotare gli italiani nelle condizioni attuali e soprattutto con il sistema delle liste bloccate e senza preferenze, per garantirsi un posto al sole, nella speranza addirittura di condizionare centrodestra e centrosinistra, credo abbia capito poco di quello che sta succedendo fuori dal Palazzo.

Gli italiani non ne possono più. Ma non di Berlusconi e di Bersani. Sono stufi del potere di interdizione di partitini che non hanno il coraggio o la voglia di scegliere, e magari concorrere alla determinazione di politiche di governo, e vorrebbero un bipolarismo vero in ragione del quale indicare il premier, votare una coalizione, scegliersi i parlamentari. Altre manfrine non le accetterebbero. Ed il Pdl farebbe malissimo ad assecondare Casini scavandosi la fossa, nella prospettiva, eventuale e al momento confusa, di un accordo elettorale.

Viste come sono andate le cose in questi anni ed i ricorrenti attacchi dei casiniani al centrodestra e al governo cui non hanno risparmiato nulla, contrastandolo anche quando gli interessi convergevano con quelli dell’Udc, una alleanza soltanto ipotizzata, ma sempre sdegnosamente respinta dai neo-centristi che vorrebbero porre condizioni inaccettabili per la sua realizzazione, non può essere ritenuta praticabile fine a prova contraria.

Il partito di Berlusconi dovrebbe, invece, riscoprendo la sua antica vocazione riformista e maggioritaria, cogliere senza riserve l’occasione referendaria, sposarla fino in fondo perché la democrazia diretta fa parte del suo codice genetico, ammettere davanti agli italiani il fallimento (prevedibile, del resto) della legge del 2005, e provare, magari in accordo con Pd e con chiunque voglia difendere la democrazia dell’alternanza, a varare un provvedimento che consenta ai cittadini-elettori di partecipare attivamente alla composizione del nuovo Parlamento.

Soltanto così il centrodestra può arrivare all’appuntamento del 2013 con la speranza di rivincere le elezioni e, comunque, di non partire battuto come accadrebbe se il voto dovesse essere anticipato alla primavera del prossimo anno a maggior gloria di Casini. Considerando,oltretutto, che ben altro c’è da fare: provvedimenti per la crescita e lo sviluppo, la difesa dell’economia dai pericoli incombenti, il rasserenamento (nei limiti delle possibilità) del clima generale e magari l’impostazione di una stagione costituente che veda al centro della proposta del centrodestra il presidenzialismo non foss’altro per superare quello strisciante ed improprio che sembra si vada affermando giorno dopo giorno all’interno del sistema istituzionale stravolgendolo di fatto.

Altro che elezioni. Gli italiani non hanno bisogno di una campagna elettorale combattuta a colpi di fango, intercettazioni, ricatti e scontri sociali. Sarebbe da irresponsabili portare il Paese alle urne nelle condizioni attuali. Tradire le aspettative di chi ha firmato per il referendum e dei moltissimo che non hanno avuto la possibilità di farlo, sarebbe un vero e proprio attentato alla democrazia, un tradimento imperdonabile. Se ne rendano conto anche coloro che nel Pdl, pensando di buttare a mare la Lega, vorrebbero un abbraccio (mortale) con l’Udc. E poi: come si concilia la pregiudiziale terzo polista con il bipolarismo riaffermato solennemente da Alfano e da tutta la classe dirigente del partito? Un altro interrogativo da sciogliere. Al più presto. Prima che la situazione diventi esplosiva