Casini cambia gioco e prepara “un armistizio” con Berlusconi
21 Novembre 2010
Pierferdinando Casini cala la sua pedina nel complesso scacchiere della crisi. E’ presto per capire la piega che prenderà la proposta di un “governo d’armistizio” che passa dalle dimissioni del premier e da un ridimensionamento della golden share leghista sull’agenda di governo. Per ora i paletti di Casini provocano la reazione prudente ma interessata del Pdl e il gelo nella Lega. I futuristi, invece, si prenotano mentre i piddì si infuriano. Ma nel giorno di Casini, nella maggioranza esplode il caso Carfagna: la ministra ha già annunciato che lascerà il dicastero, il partito e il seggio alla Camera. E pure la Prestigiacomo starebbe meditando l’addio al Cav.
Certo è che la mossa del leader Udc introduce elementi di novità a tre settimane dal d-day in Parlamento, con le mozioni pro e contro Berlusconi (prima al Senato poi alla Camera). Anzitutto viene archiviato lo schema del Cln con ‘tutti dentro’ – da Bersani a Fini – tranne Berlusconi; c’è poi una linea di demarcazione netta che Casini tira tra Udc e Pd; infine c’è il tentativo di portare avanti un’offerta politica per evitare il voto anticipato, indipendentemente da Fini. In sostanza, l’Udc apre all’ingresso in maggioranza e seppure a determinate condizioni, lo fa dopo aver costatato che i tatticismi futuristi messi in campo da Perugia, al ritiro dei ministri da Palazzo Chigi per poi finire col dietrofront di tre giorni fa, avrebbero compromesso definitivamente quel progetto al quale, molto prima di Fini, Casini stava lavorando.
L’accelerazione del presidente della Camera sul cambio di passo con un nuovo programma e una nuova alleanza estesa all’Udc non è stata digerita granchè dal leader centrista perché per lui avrebbe significato andare a traino dei finiani. Adesso, invece, il quadro è cambiato. Fini è alle prese col nervosismo dei suoi sulla sfiducia alla Camera ma anche per il freno tirato rispetto all’editto di Perugia e sa bene che Napolitano difficilmente darebbe il via libera a un governo senza Lega e Pdl. Ma il fatto di aver tirato troppo la corda per poi assumere posizioni più morbide, rischia di mettere un’ipoteca sull’obiettivo finale: togliere dalla scena politica il Cav.
Casini in questa fase ha capito che coi futuristi la strada è tutta in salita e del resto non ha nascosto una certa irritazione sull’ultima mossa del capo di Fli. Da qui l’idea di riprendere il timone dell’iniziativa politica intestandosene la paternità, diventando lui l’interlocutore del Pdl, e di fatto costringendo i finiani a mettersi in scia. Non è casuale, infatti, che l’ex viceministro Urso consideri “seria” la proposta centrista prenotando fin d’ora il sostegno di Fli.
Ma c’è un’altra lettura che tra le interpretazioni ‘a caldo’ non viene ritenuta improbabile dalle parti del centrodestra: l’idea cioè che in realtà, l’apertura di Casini al Cav. sia un modo per far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta. In altre parole, l’asse Casini-Fini in chiave antiberlusconiana tiene e dopo la frenata del presidente della Camera a prendere in mano il pallino è il capo dei centristi. Entrambi i leader infatti si sono resi conto che ormai non ci sono più le condizioni per un governo ‘alternativo’, entrambi vedono come fumo negli occhi la prospettiva del voto anticipato e il tandem servirebbe proprio a scongiurare ciò che il Cav. e il Senatur vanno ripetendo da giorni in caso di sfiducia alla Camera.
Se invece la prima opzione si tradurrà nei fatti – e lo vedremo nei prossimi giorni – è altrettanto vero che i ‘paletti’ che Casini pone e Buttiglione dettaglia, ad oggi appaiono irricevibili per il Pdl. All’assemblea nazionale il leader Udc ridisegna l’ipotesi di un Berlusconi-bis con l’ingresso dei centristi ma avverte: “Non ci fidiamo del premier e non ci piace l’egemonia della Lega. Se vogliono cambiare, ci sediamo al tavolo ma ci aspettiamo dei fatti”. Nel Pdl l’apertura centrista incassa commenti prudenti ma non ostili. “La logica dello scontro frontale è superata, non siamo più nell’idea del Cln” dice Gaetano Quagliariello e Fabrizio Cicchitto considera quello di Casini un atteggiamento “costruttivo”, mentre Maurizio Gasparri dice che coi centristi “è possibile un confronto” anche se la prima cosa da fare per creare un’area vasta di responsabilità è “sostenere il governo Berlusconi”.
A chiudere la porta, invece, è la Lega. Maroni dice che stima Casini e non avrebbe “alcun problema” ma il punto è che “chi vince governa, chi perde sta all’opposizione”. Che vuol dire due cose: se il 14 dicembre il premier sarà sfiduciato a Montecitorio si va alle urne, come pure qualora il governo dovesse restare appeso ad una maggioranza che si regge su due-tre voti alla Camera. Dal quartiere generale del Pd arriva una nota durissima: “Casini dire se vuole essere tra i protagonisti che aprono una fase nuova per il Paese o tra le comparse della fine del berlusconismo”.
Ma sul tavolo del Cav. da qualche ora c’è un altro dossier: il caso Carfagna. Il ministro delle Pari Opportunità che ha incassato la solidarietà e la stima di molti colleghi di governo e parlamentari, vedrà il Cav. mercoledì ma le sue dimissioni dal dicastero, dal partito e dalla Camera sembrano ormai irrevocabili. Nell’intervista a Il Mattino conferma il j’accuse ai vertici del partito e bolla come “guerra fra bande” la situazione del partito in Campania. Ma tra i motivi ci sarebbe pure la questione degli inceneritori in Campania sulla quale si sarebbe consumato l’ultimo scontro col Pdl locale e nel Consiglio dei ministri. “Berlusconi – avverte – dovrà convincermi con atti concreti, dimostrandomi che il partito torna nella sue mani”. E’ su questo che si gioca la nuova partita, ma in queste ore il pressing sulla Carfagna di Gianfranco Miccichè (Forza del Sud), è serratissimo.
Nel frattempo il ministro respinge i sospetti di muoversi seguendo i consigli del capogruppo di Fli Bocchino e dice che coi finiani non ci andrà. Ma al progetto di Miccichè potrebbe decidere di aderire anche un altro ministro: Stefania Prestigiacomo, da mesi in rotta di collisione con Tremonti e da tempo in sintonia col sottosegretario siciliano.
Quella che si apre è un’altra settimana ad alta tensione. A cominciare da oggi quando si capirà se la linea della responsabilità dettata da Fini ai suoi e quella dell’armistizio di Casini proposta al Pdl, si tradurranno in atti concreti in Parlamento: alla Camera ci sono le mozioni sulla “tutela della qualità dell’informazione” della Rai presentate dal finiano Bocchino e da Giulietti (Idv), con al centro del critiche al direttore del Tg1 Minzolini. Primo banco di prova, in attesa del d-day.