Casini dichiara guerra al Cav. che blinda la maggioranza e placa Bossi

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Casini dichiara guerra al Cav. che blinda la maggioranza e placa Bossi

20 Gennaio 2011

‘Rubygate’, federalismo, mozione di sfiducia a Bondi. Il terzo polo imbraccia la mitraglia e fa fuoco sul Cav. Casini abbandona l’aurea di moderato dialogante per indossare i panni del grande inquisitore, Fini lo segue a ruota intonando l’unica nota sulla quale tenta di far presa sull’elettorato: l’etica. Per Silvio Berlusconi è un’altra giornata carica di tensione dopochè anche da Oltretevere con il cardinal Bertone arriva il monito alla sobrietà e la condivisione delle parole di Napolitano.

Il premier non molla, è convinto che come nel ’94 i pm politicizzati stiano studiando un ‘golpe’ per sovvertire ciò che gli elettori hanno democraticamente scelto. Ma i nodi sul tavolo sono quelli di oggi: lo scontro durissimo tra schieramenti sul caso Ruby, il malessere della Lega sul federalismo specie adesso che Casini e Fini hanno detto chiaro che il testo di Calderoli va riscritto, facendo dunque intendere che la prossima settimana daranno del filo da torcere alla maggioranza. E non è escluso come si vocifera in ambienti terzo polisti, che alla fine potrebbero pure votare contro o, in alternativa trattare con i leghisti affinché in cambio del sì terzopolista al federalismo, convincano il premier a farsi da parte. Il rischio di pregiudicare la riforma federalista, è  esattamente ciò che Bossi non vuole e anche ieri lo ha ribadito a Berlusconi concordando con lui un’agenda con al centro alcune riforme (sei o sette) sulle quali rinnovare il patto di ferro. Ma dal Cav. il Carroccio vuole garanzie chiare sul capitolo federalista e il Senatur lo dice chiaro quando provocatoriamente afferma: “O federalismo o morte”. Che tradotto vuol dire: o passa la legge o si va dritti al voto. E c’è chi tra i pidiellini, nel clima concitato di questi giorni, legge il malessere leghista con un certo sospetto. Tuttavia l’asse Bossi-Berlusconi regge.

A minare il campo della maggioranza ci pensa Casini che smette i panni del moderato dialogante e soffia sul fuoco delle dimissioni, fino al punto da invocare le elezioni, proprio lui che fino a ieri le vedeva come fumo negli occhi. Che l’aria fosse cambiata lo si era già capito quando la procura di Milano ha spedito a Montecitorio le 389 pagine dell’inchiesta sul Cav. chiedendo la perquisizione domiciliare, ma è certo che con la mossa di ieri, il leader centrista ha dichiarato ufficialmente guerra a Berlusconi, non solo sul federalismo, ma anche sulla sfiducia al ministro Bondi. Ci sarà una mozione  dal terzopolo che Casini e Fini per ora agitano come spauracchio se, in cambio, non verranno accolte le loro proposte per rimpinguare le casse del ministero (segnale per Tremonti) e rilanciarne l’azione. Bondi stigmatizza senza riserve l’atteggiamento di Casini e la maggioranza fa quadrato attorno al ministro dei beni culturali.

C’è da chiedersi come mai il leader centrista abbia stravolto la linea tenuta finora e riconfermata solo poche settimane fa nella famosa intervista al Corriere della Sera proponendo al governo e non solo, un patto di pacificazione nazionale. Ormai carta straccia. Certo, se la si guarda in termini di convenienza (politica) il caso Ruby è l’occasione giusta per dare addosso al Cav., indebolirne immagine e credibilità, e il leader Udc sta giocando la carta della presa sull’opinione pubblica sventolando il vessillo della moralità e dell’integrità del comportamento di chi riveste un ruolo istituzionale. E però, diventa difficile comprenderne il senso da uno come Casini che ha sempre rivendicato un profilo garantista e che adesso invoca le dimissioni del premier rispolverando il ‘ribaltone’ che a lui e Fini non è riuscito il 14 dicembre. Neppure martedì quando la maggioranza ha ottenuto venti voti in più alla Camera sulla relazione del Guardasigilli sulla giustizia.

E non si capisce nemmeno a cosa serva, se non in chiave strumentale, firmare una mozione di sfiducia contro Bondi, perché così il leader centrista e il presidente della Camera, di fatto si collocano nella ridotta demagogico-giustizialista di Bersani e Di Pietro, del no a prescindere perché si tratta di Berlusconi e dei suoi uomini. Francamente una bella marcia indietro specie per Casini che, invece, avrebbe potuto realizzare le sue ambizioni politiche continuando sul terreno del confronto costruttivo e delle proposte concrete, preparando il terreno alla sua premiership nel 2013.   

In questo clima lo scenario del voto anticipato resta a portata di mano. Nel Pdl c’è chi invita Berlusconi a rompere gli argini e a invocare le elezioni anticipate contro la manovra dei Pm, ma in via dell’Umiltà c’è anche chi frena, consigliando di attendere per vedere cosa hanno in mano i magistrati e concentrarsi sull’attività di governo. Il Cav. non sembra intenzionato a valutare la carta delle elezioni, almeno non per il momento. Tutt’altro, la linea è quella opposta:  blinda la maggioranza, benedicendo la costituzione alla Camera del gruppo di Iniziativa responsabile.

Sono venti i parlamentari  (ex Udc, ex Fli, ex Mpa, ex Idv ed ex Pd)  che hanno deciso di sostenere il governo ma per non rischiare di giocare sul filo di lana, al neonato gruppo parlamentare hanno aderito anche due deputati pidiellini: D’Anna e Pepe. Non è entrato invece Calogero Mannino, capofila insieme a Saverio Romano del gruppo degli ex centristi siciliani che hanno detto addio a Casini. Il primo step è stato superato con il voto a favore della relazione di Alfano e nella maggioranza si fa intendere che i ‘responsabili’ rappresentano ‘un valore aggiunto’, non ‘un’incognita’. E non si esclude che nei prossimi mesi per alcuni di loro potrebbero profilarsi incarichi di governo.

Non è il momento di pensare alle elezioni, si ragiona nell’inner circle berlusconiano, piuttosto è l’ora di serrare i ranghi per reagire alla controffensiva mediatico-giudiziaria di certi pm che vorrebbero eliminare il premier dalla scena politica. Ma è altrettanto vero che ieri nel quartier generale del Pdl si è fatto il punto sulla campagna per le amministrative di primavera mettendo in moto la macchina elettorale. Con una parola d’ordine: tenerla bene oliata e sempre pronta a ogni evenienza.