Caso Al Dura, una petizione chiede a France2 la verità

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Caso Al Dura, una petizione chiede a France2 la verità

25 Settembre 2007

“France 2 tiri fuori tutte le videoregistrazioni del giorno della sparatoria in cui morì Mohammed Al Dura (il 30 settembre del 2000, ndr) perché abbiamo diritto alla verità e a smontare la mistificazione giornalistica che ha portato tanto odio e tanti lutti in Medio Oriente”. Oramai esiste persino una petizione online ai vertici dell’emittente di stato francese e presto i suoi risultati verranno consegnati anche al presidente Sarkozy dalla comunità ebraica francese. Che intanto continua a far circolare su internet la cosa. 

Il 30 settembre del 2000 è  infatti la data in cui una campagna di disinformazione mediatica, ancora oggi in atto, ha contribuito più di ogni altro pregiudizio a creare un clima di odio contro Israele da cui sembra quasi impossibile uscire. Dopo sette anni. E quella morte segna anche l’inizio dell’Intifada degli “shaeed” suicidi ed è stata persino  usata come giustificazione per il terrorismo in genere e quello dell’11 settembre in particolare. 

Quel giorno il mondo venne indelebilmente impressionato dalla morte di un ragazzino palestinese, Mohammed Al Dura, che nell’immaginario tutto artificioso della propaganda anti israeliana, venne rappresentata come il crimine per antonomasia. L’assassinio dell’inerme bambino da parte dell’oppressore feroce e colonialista. La lotta di Davide e Golia a parti invertite, con i palestinesi a incarnare il ruolo dei combattenti per la libertà. 

Cosa era in realtà successo? Che un proiettile vagante durante un aspro scontro tra terroristi e soldati dell’esercito dello stato ebraico colpì questo ragazzo in testa mentre era accucciato insieme con il padre che tentava di proteggerlo in un angolo della scena della sparatoria. Punto. Altre certezze non esistono. In pratica una disgrazia che sarebbe potuta accadere anche in Europa, ad esempio nelle banlieu parigine quando ci furono scontri tra polizia e manifestanti e vennero sparati anche colpi di arma da fuoco. 

Ma un servizio di un reporter arabo di France 2, Talal Abu Rhama, montato senza alcune fondamentali parti dei filmati di quel pomeriggio, diede a tutti l’impressione, anzi la certezza, che a uccidere il bambino fossero stati i soldati israeliani magari sparando a bella posta. All’epoca non erano state ancora rese pubbliche tutte le messinscene che negli anni successivi caratterizzarono la maniera di fare informazione di alcune tv europee che usavano in loco cameramen e giornalisti palestinesi e spesso anche attori e comparse che a comando morivano e resuscitavano per morire davanti alle telecamere di altre tv di altri paesi. Un momento fondamentale della guerra d’immagine che i palestinesi vinsero a man bassa fin quando non furono scoperti tutti i trucchi di “Palestina Hollywood” o “Pallywood” che dir si voglia. 

Nel caso del piccolo Mohammed Al dura, dissero addirittura, per rendere più drammatico il tutto, che persino il conducente dell’ambulanza venuto a prelevare il bambino era stato a sua volta ucciso da un cecchino israeliano. Ma fu questa bugia a fare scoprire tutto l’altarino della mistificazione. Infatti era risultato chiaro che nessuno dei 20 fotografi e teleoperatori presenti aveva filmato o fotografato la scena dell’autista ucciso. Cosa molto strana visto che rappresentava uno scoop nello scoop. 

Dopo quasi due anni di ricerche, Nahum Shahaf, un fisico israeliano, arrivò alla determinazione quasi certa che il proiettile che aveva ucciso Al Dura non poteva venire da dove stazionavano i soldati di Tzahal. E riuscì a farlo visionando ore di filmati amatoriali e ufficiali in cui era escluso che al momento della morte del ragazzo ci fossero soldati che sparavano nella sua direzione.

Il cerchio quadrò quando Shahaf poté intervistare anche il cineoperatore di France 2, Abu Rahama. E lo mise spalle al muro chiedendogli proprio perché non aveva filmato anche la morte del conducente dell’ambulanza. Avendo Abu Rahama per giunta diffuso quella notizia per primo. Lui rispose farfugliando che era stato ucciso prima del suo arrivo. E allora come faceva a sapere che era stato ucciso e a farlo dire da France 2 se non lo aveva visto? “Perché l’ambulanza non era arrivata”, fu la laconica risposta. A quel punto il fisico israeliano chiese al teleoperatore come faceva a essere sicuro che i soldati israeliani avessero ucciso Mohammed Al Dura e perché lui avesse dato questa notizia a France 2. Abu Rahama che, secondo la testimonianza mandata in onda, opportunamente montata, la sera del 30 settembre 2000 su France 2, era a 30 metri dal luogo della morte del ragazzino, diede a Nahum Shahaf questa incredibile risposta che è stata ovviamente registrata: “io non ho detto che i soldati dell’Idf hanno ucciso lui…ho solo detto che i proiettili venivano da quella direzione…e che avevano colpito Mohammed Al Dura e Jamal suo padre…”. 

Nei nastri che coprono l’intero giorno di scontri a fuoco non esiste un singolo fotogramma che può avvalorare quella ricostruzione, ma con un abile montaggio di immagini era facile dare questa suggestione. Infatti Shahaf ha potuto visionare questi filmati da altre emittenti televisive e ha potuto constatare che le uniche cose certe  riprese quel giorno furono: 1) giovani palestinesi e ragazzini che si riuniscono correndo a pochi metri dalla linea di fuoco dell’esercito israeliano a Netzarim; 2) scene di eventi di scontri a fuoco e lanci di ordigni incendiari ma in zone non vicine a quelle dove è morto Mohammed al Dura; 3) altri eventi violenti che avvennero nel campo palestinese dall’altra parte della giunzione di Netzarim a più di 120 metri dalle fortificazioni israeliane. Totale? Nessuno, e neanche il cameramen usato da France 2, ha visto chi ha ucciso Al Dura e come. 

Ma in quella trasmissione, rimasta fatidica per i destini della comunicazione anti israeliana nella prima fase dell’Intifada del 2000, si fece credere che queste prove fotografiche esistessero. C’è di più: l’emittente televisiva ha sempre querelato, ci sono tre processi in corso a Parigi, chiunque osasse mettere in dubbio la sua buona fede, contemporaneamente rifiutandosi, però, di far vedere in pubblico dibattito tutti i filmati di quel giorno in suo possesso. Adesso arriva questa petizione di verità da parte delle comunità ebraiche francesi. Sulla morte di Mohammed Al Dura si è innestata una tragica speculazione che ha portato altre morti e altri lutti, da una parte e dall’altra, ma non una sola parola di verità è stata ancora detta.