Caso Englaro, oggi voto al Senato. Cassazione sotto accusa

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Caso Englaro, oggi voto al Senato. Cassazione sotto accusa

01 Agosto 2008

Le motivazioni sono diverse, e non avrebbe potuto essere altrimenti. Il piano è profondamente differente, ed è giusto che sia così. Ma lo straordinario incastro temporale tra il ricorso del Pg di Milano contro il decreto della Corte d’Appello su Eluana Englaro e le due tappe del percorso parlamentare che condurrà all’elevazione del conflitto di attribuzione contro la Cassazione da parte del Senato e della Camera, sembra aver ribaltato le carte in tavola. E chi inizialmente aveva pensato di dover semplicemente fronteggiare nella mozione Cossiga-Quagliariello l’iniziativa avventata di due imprudenti don Chischotte sta iniziando a ricredersi. Il fatto che sia dovuto scendere in campo un peso massimo come Valerio Onida sta lì a dimostrarlo plasticamente.

Sul fronte giudiziario, quello che per il momento si sa è che la Procura Generale di Milano ha presentato un ricorso contro il decreto della Corte d’Appello che, in esecuzione della sentenza della Cassazione, aveva autorizzato il padre di Eluana, in qualità di tutore, a sospendere l’alimentazione e l’idratazione forzata, condannando di fatto la ragazza a morte certa per fame e per sete. Al contempo, il Pg si prepara a chiedere la sospensione dell’esecutività del decreto. Il tutto sulla base di una motivazione di diritto, in virtù della quale non sarebbe stata dimostrata con sufficiente oggettività l’irreversibilità dello stato vegetativo permanente.

Sul fronte politico-istituzionale, dopo il sì della Camera all’elevazione del conflitto presso la Consulta, anche il Senato, dal quale l’iniziativa era partita, si prepara a dare il suo placet. Con una tempistica frutto di una settimana al cardiopalma, e un risultato senza precedenti: compattezza pressoché assoluta dalla maggioranza "allargata" all’Udc, e diserzione del voto da parte del Partito democratico. Una scelta, quest’ultima, che in realtà non serve solo a coprire contrasti e divisioni. Segna la prevalenza del Pd di un’ala dialogante che ha imposto di non votare contro la risoluzione della maggioranza. La prova di tutto ciò la si ritrova in un ordine del giorno presentato dal Pd nel quale per la prima volta a sinistra viene assunta una posizione chiara e inequivoca sull’eutanasia. Alcune ambiguità del testo probabilmente non consentiranno alla maggioranza di confluire su quell’ordine del giorno, ma non è difficile prevedere che su di esso si svilupperà un dibattito in aula che forse rappresenterà il momento più incerto e interessante della seduta di questo pomeriggio.

Dall’ala "laica" del Pd, Vannino Chiti in testa, si affannano a smentire divisioni e contrasti. Al contrario di quanto fa la pattuglia di cattolici e teodem che, vincitori della partita interna, non hanno alcun problema ad ammettere che la decisione finale di abbandonare gli scranni e non intralciare il voto pressoché plebiscitario della maggioranza è stata sofferta, e non poco. Di tutto questo travaglio interno alla sinistra ne è prova, ancor più della condotta in aula al momento della votazione, la fibrillazione che ha accompagnato la definizione del calendario del Senato in quest’ultima settimana prima della pausa estiva. Complici infatti l’inatteso ritorno a Palazzo Madama del decreto "Milleproroghe" modificato alla Camera, e la fretta del governo perché si chiudesse la partita sulla Finanziaria, non sono mancate pressioni affinché il conflitto di attribuzione sul caso Englaro fosse rimandato a settembre, e con esso la tormentata istantanea di un partito a vocazione maggioritaria che – a differenza del PdL – sui temi cosiddetti "eticamente sensibili" non è ancora riuscito a trovare una sintesi.

Al dunque, però, il lavorio diplomatico di chi a quest’iniziativa aveva creduto fin dall’inizio, e l’intervento determinante del presidente del Senato Renato Schifani, hanno fatto sì che il "caso Englaro" fosse calendarizzato per questo pomeriggio, prima di chiudere i battenti. Camera e Senato vanno avanti insieme, dunque, consentendo ai sostenitori del conflitto di superare anche l’ultimo argomento cui i contrari si erano strenuamente aggrappati: che, cioè, un solo ramo del Parlamento non avesse la possibilità di rivolgersi autonomamente alla Corte Costituzionale, in quanto mero contitolare della funzione legislativa che si presume usurpata dalla sentenza della Cassazione. Ora, il motivo del contendere è venuto meno. Con buona pace del costituzionalista veltroniano Stefano Ceccanti che – gliene va dato atto – ce l’aveva messa davvero tutta.