Caso Forleo, qualcuno parla di trappola istituzionale
04 Dicembre 2007
Clementina Forleo il prossimo 18 dicembre sarà sentita dal
Csm. L’ultimo atto prima della decisione definitiva (e ormai scontata) sul suo trasferimento. La cui procedura è
stata attivata oggi all’unanimità dalla prima commissione referente dell’organo
di autogoverno dei giudici.
Salvo sorprese dell’ultima ora quindi, il destino della Gip,
che voleva indagare sul ruolo di Massimo
D’Alema e Piero Fassino nella fallita scalata dell’Unipol alla Bnl, sembra
ormai segnato: non solo non ricoprirà mai più ruoli da giudicante, ma non lo
farà mai più a Milano.
L’interessata ieri ha accolto la notizia con il più classico
dei “no comment”, mentre molti suoi colleghi del palazzo di giustizia milanese
si sono dichiarati, con i cronisti, “esterrefatti per una decisione totalmente
sproporzionata”. Non tutti però, visto che solo ieri altri dell’ufficio del pm,
tra cui Armando Spataro, l’avevano ricusata in un processo contro terroristi
islamici extra comunitari. Questo per via della propria pregressa
giurisprudenza in materia, con cui ne aveva mandato assolto uno definendolo
“resistente” e non “terrorista”.
Giovedì probabilmente sia la Forleo sia De Magistris (altro
magistrato di cui in molti dell’attuale maggioranza non vedono l’ora di
sbarazzarsi), che sarà sentito mercoledì a sua volta dalla prima commissione
referente, saranno ancora in tv da Santoro per raccontare, forse per l’ultima
volta, come sono caduti in quella che ora in molti chiamano “trappola
istituzionale”.
Al centro di questa trappola la Forleo non può non porre la
figura dell’ex giudice Ferdinando Imposimato, una delle menti della lotta al
terrorismo rosso in Italia negli anni ’70. Il quale dopo averla (come lei ha
raccontato) invitata a pranzo a Roma allo “Shangrilà”, per metterla a parte
delle presunte pressioni politiche che qualcuno avrebbe operato sui suoi
superiori perché “ammorbidisse i toni” su
Fassino e sullo stesso D’Alema nella propria richiesta di autorizzazione
a procedere spedita alla Camera a luglio ( e di come altri avrebbero
insistito per l’apertura a carico della
donna di un fascicolo per incompatibilità ambientale davanti al Csm), si è
tirato indietro.
E infatti quando, dopo le denunce della donna al Csm e alla
procura di Brescia, gli inquirenti hanno chiesto a Imposimato le conferme non le
hanno avute. Non in quei termini di sicuro. Da quel momento fare apparire la
Forleo come una donna afflitta da manie di grandezza e di persecuzione è stato
un gioco da ragazzi.
Pochi giorni prima di questo imprevisto epilogo, la Forleo
dichiarava ai giornali che “o Ferdinando Imposimato è un mago oppure la cena
allo Shangrilà a cui mi invitò per parlarmi di pressioni per un’inchiesta
disciplinare aveva un senso…”
Nella cornice della trappola
istituzionale ci sono anche le querele presentate contro la Forleo da parte di
uomini dei carabinieri e della polizia. I primi coinvolti nelle indagini sulla
morte dei due genitori della donna in un incidente automobilistico. Ma in
passato c’erano state telefonate di minaccia che le promettevano la morte sia
del padre sia della madre. I secondi da lei denunciati per l’arresto di un
extra comunitario con modalità da pestaggio, specie a opera di un poliziotto
che poi effettivamente, per un altro episodio del genere ai danni di un
transessuale colombiano, era stato radiato dalla polizia.
In procura c’è chi dice che anche Milano, dopo la Palermo dell’epoca del
mai identificato “corvo” del 1989, sta vivendo la sua stagione di veleni.
E il caso della Forleo sembra
essere diventato centrale in questo senso.
Sembra infatti che ( poco prima di
questa prima decisione, da parte della prima commissione referente del Csm, di
proporre all’unanimità il trasferimento della giudice) sia il tenente dei
carabinieri di Francavilla Fontana, Pasquale Ferrari, che la Forleo aveva
accusato di avere condotto queste indagini sulla scomparsa dei genitori in
maniera poco professionale, non acquisendo i tabulati delle telefonate anonime
in uscita dalla abitazione dei parenti per risalire agli eventuali autori delle
minacce, sia i tre poliziotti di Milano (tra cui quel Massimiliano de Cesco che
verrà poi cacciato dalla polizia) avessero offerto di ritirare le proprie
denuncie.
Ma la Gip non avrebbe accettato la composizione delle
due querele.
Certo il comportamento mediatico,
le lacrime in tv e quelle accuse di complotti al limite della mania di
persecuzione possono avere contribuito non poco
ad avere fatto passare la donna
come una visionaria davanti ai propri colleghi di Brescia e davanti ai membri
del Csm. Rimangono però molti misteri in tutta questa vicenda e una fretta
sospetta di chiudere per sempre il caso Forleo. E insieme ad esso quello Unipol
con i protagonisti che hanno nomi eccellenti:
Piero Fassino, Massimo D’Alema e Nicola Latorre.