Caso Meredith. Guede: “Non ho ucciso né violentato Mez”

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Caso Meredith. Guede: “Non ho ucciso né violentato Mez”

18 Novembre 2009

“Voglio far sapere alla famiglia Kercher che non ho ucciso né violentato la loro figliola. Non sono quello che le ha tolto la vita”: lo ha detto Rudy Guede, al termine di una lunga dichiarazione spontanea fatta stamani davanti alla Corte d’Assise di appello di Perugia, che lo processa per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher.

L’ivoriano si è rivolto all’avvocato Francesco Maresca, che rappresenta i congiunti di Mez come parte civile. Al legale, Guede ha chiesto di far sapere alla famiglia della vittima che “l’unica cosa della quale la mia coscienza deve rispondere e per la quale nessun tribunale potrà assolvermi” è quella di non aver fatto tutto il possibile per tentare di salvare la studentessa inglese.

Nel corso della dichiarazione spontanea, Guede ha ricostruito quanto avvenuto la sera dell’omicidio di Meredith – al quale ha continuato a dirsi estraneo – i giorni precedenti e quelli successivi. Ha spiegato di avere incontrato Meredith il 31 ottobre del 2007, nel corso di una festa in discoteca e di aver avuto con lei un appuntamento per la sera successiva. “Le ho dato un bacino sulla guancia e poi le ho detto ‘ci vediamo’” ha spiegato l’ivoriano.

Ha quindi riferito alla Corte che la sera successiva a quella dell’incontro entrò insieme alla Kercher nella casa di via della Pergola, poi teatro del delitto: “mentre eravamo in casa – ha sostenuto Guede – Meredith cominciò a inveire contro Amanda (la Knox, sua coinquilina e imputata del delitto insieme all’ex fidanzato raffaele Sollecito). ‘I miei soldi, i miei soldi, non la sopporto più’ disse Meredith”. L’ivoriano ha quindi spiegato di aver avuto un approccio con la studentessa inglese, ma non un rapporto sessuale. Dopo circa un quarto d’ora – in base alla sua versione – si recò in bagno.

“Ho sentito le voci di Meredith e di Amanda – ha riferito ancora Guede – che discutevano dei soldi venuti a mancare. Ho sentito solo ‘dobbiamo parlare’ ma non mi sono preoccupato, perché pensavo fosse solo una discussione tra due ragazze che vivevano nella stessa casa. Mentre ero in bagno mi sono messo ad ascoltare musica da un I-pod, ma alla metà del terzo brano ho sentito un urlo fortissimo. Mi sono precipitato a vedere cosa fosse successo e in camera di Meredith ho visto una figura maschile. È stato un lampo e questa persona ha cercato di colpirmi. Sono indietreggiato e caduto in soggiorno. A quel punto ho sentito qualcuno fuori della casa che scappava e diceva ‘andiamo via, c’è un nero in casa’. Non ho avuto il coraggio di inseguirli, ma guardando fuori dalla finestra ho visto la sagoma di Amanda”. Guede ha quindi spiegato di essersi recato nella camera di Meredith e di aver cercato di tamponare il sangue che le usciva dopo essere stata ferita mortalmente con un coltello alla gola. Meredith era agonizzante – ha sostenuto Guede – e cercava di dirmi qualcosa, io le tenevo la mano. A quel punto sono entrato in uno stato di shock. Nella mia testa c’erano tanti perché senza risposta. Ho avuto paura”.

Il giovane ha quindi affermato di essersi “ritrovato in Germania”, dove venne poi arrestato, ma di non avere avuto “nulla da cui scappare”. Guede ha poi descritto il suo ritorno in Italia. “Questo, signor giudice – ha affermato – è quanto ho vissuto. Non ho niente da nascondere e non sono un bugiardo. Chiudendo gli occhi vedo ancora rosso dappertutto”.

Rudy Guede si è presentato in Aula con un maglioncino grigio, una camicia scura, jeans e capelli corti, per il processo d’appello nei suoi confronti per l’omicidio di Meredith Kercher – avvenuto il 2 novembre 2007 -, cominciato stamani davanti alla Corte d’Assise di Perugia. Guede ha chiesto che il processo d’appello si svolgesse a porte aperte “perché così tutti possano conoscere la verità”. In aula sono stati quindi ammessi i giornalisti ma non fotografi e teleoperatori.

L’ivoriano era già stato condannato in primo grado a 30 anni di reclusione con il rito abbreviato il 28 ottobre 2008. In aula l’uomo ha preso posto accanto ai suoi difensori, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile. Si è quindi girato e ha sorriso e stretto la mano agli assistenti dei legali. Questi chiederanno oggi la riapertura parziale del dibattimento. In aula stamani anche lo psichiatra Alessandro Meluzzi, che insieme al criminologo Vincenzo Mastronardi ha realizzato una consulenza per la difesa sul comportamento dell’imputato dopo il delitto. Guede infatti fuggì e venne arrestato in Germania. Un comportamento di “evitamento e fuga”, secondo Meluzzi, legato a una “sindrome traumatica da stress” dalla quale venne colpito dopo il delitto.