Caso-Venturoni. Il no alle dimissioni è un gesto di garantismo e serietà politica

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Caso-Venturoni. Il no alle dimissioni è un gesto di garantismo e serietà politica

22 Novembre 2010

Le indagini su un politico, o il suo arresto, sono sempre fonte di fragoroso clamore. E un simile accadimento apre regolarmente il fronte della polemica, appunto, politica, spesso senza peraltro mai analizzare a fondo gli elementi di prova, e giuridici, all’origine del fatto. E’ accaduto ancora una volta anche in Abruzzo. Il 22 settembre scorso la Procura di Pescara, nell’ambito di una inchiesta a largo raggio sul settore rifiuti, ha disposto numerosi arresti e tra questi (con la misura dei domiciliari) quello dell’assessore (e consigliere) regionale Lanfranco Venturoni del PdL, accusato di corruzione per aver favorito progetti speculativi anche attraverso il tentativo di affidamento diretto ad un privato della costruzione di impianti speciali di trattamento e smaltimento dei rifiuti.

Tralascio volutamente in questa sede le considerazioni sul teorema accusatorio, per trattare un aspetto più generale circa i rapporti tra politica, giustizia, magistratura. Non manca mai nel nostro paese l’occasione di ricordare l’art. 27 della Costituzione (“L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”), un cammeo di civiltà giuridica e di garantismo. Ma per la verità, il senso reale di quell’articolo stenta da sempre ad essere profondamente assorbito nelle nostra cultura e diviene invece “interpretabile” volta per volta in base alle convenienze di parte. E così una indagine – e un arresto, poi – diviene condanna senza scampo.

Ne consegue, anche nel caso in questione, che un minuto dopo la diffusione della notizia, la prima richiesta di PD, IDV e sinistre, come da copione, è stata: dimissioni, dimissioni! Senza chiedersi, nemmeno per un istante, se i fatti avessero consistenza e invece come troppo spesso accade, inverando il dogma della infallibilità della magistratura.

Il PdL abruzzese, dal canto suo, ha invece innalzato uno scudo a difesa dei propri esponenti; e lo ha fatto in maniera meritoria – a mio parere – non quale reazione scontata e un po’ da ‘gioco delle parti’, ma richiamando tutti al senso di responsabilità, al rispetto del dettato costituzionale sulla separazione dei poteri, al garantismo della legge, rivendicando infine orgogliosamente il ruolo (se non il primato) della politica nelle scelte di governo. Con ciò sostenendo di conseguenza, e con forza, che in attesa dell’accertamento dei fatti, le dimissioni dell’assessore Venturoni fossero da escludere per infondatezza delle accuse e per principio giuridico. L’assessore quindi è restato in carica, pur non potendo esercitare materialmente il proprio ruolo, in attesa tra l’altro delle risposte del tribunale del riesame sulla richiesta di scarcerazione.

Risposta arrivata in questi giorni e che ha portato in effetti alla revoca degli arresti domiciliari ma con l’obbligo di dimora presso il comune di residenza. In sostanza con ciò impedendogli di recarsi negli uffici competenti (L’Aquila e Pescara) per svolgere la sua attività di consigliere e di assessore alla sanità.

Un braccio di ferro tra politica e giustizia che vede quest’ultima imporsi, e che però rischia adesso di incrinare in qualche misura la determinazione politica del PdL e di piegare la volontà di Lanfranco Venturoni; il quale infatti si è detto pronto a lasciare e ad essere sostituito, per colmare un vuoto in Giunta che effettivamente pone problemi non solo di carattere amministrativo. La scelta preannunciata di dimettersi, oltre che alla determinazione personale di Venturoni, ora è rimessa anche alla valutazione del Presidente della Giunta Gianni Chiodi e del Coordinatore regionale del PDL Filippo Piccone.

Come andrà a finire è difficile dirlo, perché le implicazioni della scelta sono molte e ciascuna potrà incidere seriamente sull’attività politica futura che il Popolo della Libertà vorrà perseguire. Per chi, come chi scrive, il faro guida deve restare in ogni caso il principio della linearità, l’auspicio è che mai come in questa occasione si scelga proprio la via delle “non-dimissioni“ quale scelta consapevole di rivendicazione e affermazione dei principi costituzionali del garantismo applicato alla politica.