Cassazione. Anche la “mano morta” è violenza sessuale
21 Marzo 2009
di redazione
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a un anno e tre mesi di reclusione nei riguardi di un uomo che aveva fatto la cosiddetta "mano morta" su due ragazze che aspettavano un treno nella stazione di Pisa.
Il palpeggiatore era già stato condannato sia in primo grado dal tribunale di Pisa che in secondo grado, dalla Corte d’appello di Firenze lo scorso 17 settembre. Senza successo l’uomo ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che il suo comportamento non configurava il reato di violenza sessuale ma solo uno "strusciamento e un eventuale modesto inseguimento" delle due ragazze nell’atrio della stazione, per cui al massimo meritava una condanna per aver avuto una condotta "petulante e molesta" per la quale doveva essere dichiarata la prescrizione.
Ma la Suprema Corte – con la sentenza 12.101 – ha replicato che, correttamente, i giudici di merito hanno ravvisato negli atti compiuti da Luigi Z. "una chiara connotazione sessuale". Così è diventata definitiva la condanna per violenza sessuale e il ricorso del molestatore è stato dichiarato inammissibile con tanto di condanna a versare 1.000 euro alla cassa delle ammende.
La denuncia nei suoi confronti era scattata quando le due ragazze importunate (a una aveva toccato il fondo schiena e all’altra aveva messo la mano sotto le gambe alzandole il cappotto) si erano subito rivolte alla Polizia ferroviaria che aveva individuato Luigi Z. mentre cercava di allontanarsi attraverso un’uscita secondaria della stazione.