Catania, muore dopo l’aborto. E la colpa ricade sui medici obiettori

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Catania, muore dopo l’aborto. E la colpa ricade sui medici obiettori

21 Ottobre 2016

“Mi disse sono un obiettore di coscienza. Non posso intervenire fino a quando c’è un battito di vita.” Francesco Castro, marito di Valentina Milluzzo, la 32enne morta dopo un aborto a Catania, ribadisce che il medico di turno era obiettore.

 La giovane, incinta di due gemelli, nati morti, era sposata con un trentenne, ed era alla prima gravidanza. Il fascicolo è stato attivato, come atto dovuto, dopo la denuncia dei familiari della donna che nella loro ricostruzione dei fatti parlano di un medico che si sarebbe rifiutato di estrarre i due feti, quando sono entrati in crisi respiratoria, perché obiettore di coscienza.

“Valentina – racconta l’uomo a La Repubblica – si era sentita male la mattina. Chiedeva aiuto e nessuno faceva nulla. Nel pomeriggio l’hanno fatta scendere nella zona parto. Ho chiesto al medico di fare qualcosa e lui mi ha dato quella risposta. L’ha detto a mia suocera e a mio suocero. C’erano anche testimoni, parenti e amici di un’altra partoriente. Ho deciso di portarla in ospedale per sentirci sicuri e invece lei non c’è più”, sono le sue parole cariche di rabbia e di dolore. E che magari cercano un capro espiatorio.

La Procura di Catania ha aperto, così, un’inchiesta sulla morte della 32enne Valentina Milluzzo, impiegata di banca deceduta il 16 ottobre scorso, dopo 17 giorni di ricovero nell’ospedale Cannizzaro per delle complicazioni alla diciannovesima settimana di gravidanza, avviata con la procreazione assistita in un’altra struttura.

Il procuratore Carmelo Zuccaro ha disposto il trasferimento della salma in obitorio, bloccando i funerali che erano stati organizzati nel paese del Catanese di cui la donna era originaria, e il sequestro della cartella clinica. La magistratura disporrà l’autopsia. Il personale in servizio è stato indagato, come atto dovuto, per omicidio colposo per potere eseguire l’esame medico legale. 

L’ospedale ha dato una sua versione dei fatti. Valentina Milluzzo ha avuto un primo aborto spontaneo alle 23.30 di sabato 15 ottobre, un secondo indotto dal medico di turno con l’ossitocina alle 1.40, domenica 16 ottobre, ed è deceduta alle 13.45 successive, si ipotizza per le complicanze di un’emorragia causata da un’infezione. 

E il professore Scollo ricostruisce: “La macchina terapeutica si è messa in moto subito e in maniera adeguata. La paziente era stata ricoverata il 29 settembre, dopo l’induzione di una gravidanza con la procreazione assistita, per minaccia di doppio parto abortivo. È stata sottoposta a cura antibiotica. Il 15 ottobre ha un piccolo febbrile, ed è trasferita nel reparto di semi intensiva. È sottoposta all’esame della procalcitonina, che non tutti gli ospedali eseguono, perché c’è il sospetto di un’infezione in corso. Il dato che emerge è elevato e nel frattempo, alle 23.30, avviene il primo parto spontaneo. Vista la gravità della situazione il medico induce con l’ossitocina il secondo parto abortivo, che avviene all’1.40”.

Per il professore Scollo alla donna “non poteva essere praticato un’isterectomia», un intervento chirurgico all’utero, perché “sarebbe morta per emorragia, per i parametri ematici rilevati”. Il decesso sarebbe avvenuto a causa di una sepsi, una violenta infezione. Precisando, “ma su questo è meglio attendere l’esito dell’autopsia”.

Scollo ha spiegato che i fatti smentiscono la ricostruzione del legale di famiglia secondo cui il medico in sala parto si sarebbe rifiutato di intervenire sui bimbi. In realtà, ha ribadito il primario, il medico, “dopo il primo feto morto per aborto spontaneo, ha indotto il secondo parto abortivo con ossitocina: cosa c’è dunque di obiezione di coscienza?”.