“C’è bisogno di punti fermi validi per chi crede e per chi non crede”

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“C’è bisogno di punti fermi validi per chi crede e per chi non crede”

Caro Direttore,

l’omelia del cardinale Bagnasco in occasione della festività di San Lorenzo cade in un drammatico crocevia della storia dell’Occidente. Il vortice che ha trascinato a picco le borse di tutto il mondo, il tonfo dei mercati europei, lo spettro del declino non solo economico che alita sul collo del gigante americano, sono qualcosa di più della violenta coda finanziaria di una crisi globale. Il cortocircuito tra economia reale ed economia virtuale è un evento di portata epocale, che scardina equilibri planetari e impone all’Occidente di ripensare i propri paradigmi.

L’Italia attraversa questo frangente storico con le peculiarità di un Paese gravato da un enorme debito pubblico, da una pronunciata dualità fra Nord e Sud, ma dotato di un tessuto socio-economico solido e solidale; rallentato da percorsi decisionali farraginosi e da un’architettura istituzionale antiquata, ma forte di una coscienza popolare che ha ormai introiettato il valore positivo dell’alternanza e dell’investitura democratica; gravido di cultura e beni naturali, di inventiva e generosità, ma investito del difficile ruolo di cerniera fra il Sud del mondo e un’Europa che non ha ancora deciso se dotarsi di una propria identità, ovvero declinare a mero terreno di gioco per tentazioni egemoniche neanche troppo latenti.

In un simile contesto, una classe politica consapevole delle sua responsabilità storiche deve interrogarsi sul concetto stesso di bene comune. Sul piano delle scelte contingenti alle quali siamo chiamati, il bene comune che ci stiamo sforzando di affermare consiste nell’anteporre alla ricerca del consenso per la nostra parte l’interesse della comunità nazionale. Su un piano generale – e a questo proposito l’omelia del cardinale Bagnasco costituisce materia di profonda riflessione -, l’orizzonte ideale verso il quale il nostro partito è proiettato, e nel cui nome si propone l’ambizioso traguardo di riunire il popolo dei moderati, pone al centro la persona umana, la sua libertà e la sua unicità, la dignità della sua imperfezione, la sua difesa dal primo istante al suo naturale tramonto. E il perseguimento del bene comune si realizza dunque nella valorizzazione della persona e nella salvaguardia di quella unicità da minacce che si fanno sempre più insidiose.

E’ questo un programma politico di stampo clericale? Noi crediamo di no. Al contrario, riteniamo che la confusione dei nostri tempi e lo sfarinamento di strutture sociali consolidate renda quanto mai attuale l’appello ai non credenti dell’allora cardinale Ratzinger a vivere come se Dio esistesse, e ancor più impellente il bisogno di punti fermi validi per chi crede e per chi non crede, e che nella tradizione europea e nella cultura occidentale non possono che ritrovarsi nei principi del cristianesimo.

In tal senso, ci sembra di straordinaria importanza il riferimento del cardinale Bagnasco a quel patrimonio di “valori costitutivi e quindi irrinunciabili” che la Chiesa offre a tutti con spirito inclusivo. L’autorevole richiamo del presidente della Cei all’irrinunciabilità dei principi di fondo allontana infatti il rischio di un’inversione di paradigma che ci era parso profilarsi in occasione delle scadenze elettorali e referendarie della scorsa primavera. Quando, cioè, nel posizionamento di alcuni ambienti cattolici si era intravista la tendenza a porre come caratterizzante la dimensione fideistica e a relativizzare i principi, ribaltando così quella concezione alla base dei pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per la quale la fede è una opzione del singolo non sindacabile né coercibile, mentre quel che non è negoziabile sono alcuni principi validi erga omnes.

L’adesione a questi principi e la loro coerente traduzione nelle scelte quotidiane alle quali siamo chiamati rappresenta per noi il più alto traguardo di moralità politica cui tendere pur con tutte le nostre contraddizioni. Il che non significa voler eludere il tema dei comportamenti dei singoli e della moralità delle azioni di chi è investito di responsabilità pubbliche. Ma anche su questo fronte, la nostra ambizione a costruire un partito “di onesti” più che “degli onesti” passa anche per l’impopolare scelta di non confondere la moralità con il moralismo, il peccato con il peccatore, la giustizia con il giustizialismo; di non vagheggiare società perfette o paradisi in terra, e quindi tantomeno partiti incorruttibili, ma ricercare il bene comune nonostante quelle contraddizioni e quegli errori che sono parte della natura umana, che è giusto perseguire e sanzionare ma dai quali nessuno può pretendere di considerarsi immune.

(Tratto da Avvenire)