C’è il petrolio ad Haiti e perciò gli Usa l’hanno occupata
03 Febbraio 2010
di redazione
“Un’occupazione militare Usa di Haiti, sotto il pretesto degli ‘aiuti’ post-terremoto, darebbe a Washington e al business privato ad esso legato un premio geo-politico di prim’ordine”, scrive il manifesto riportando una notizia apparsa sul sito Global Research. In sintesi, sotto l’isola si nasconderebbe “una delle zone più ricche del mondo di idrocarburi al di fuori del Medio Oriente, forse anche maggiori di quelli del vicino Venezuela, nonché dell’Arabia Saudita”. Addirittura…
E’ comprensibile che i giornalisti del manifesto non gradiscano le immagini dei Marines armati di viveri e medicinali che hanno “invaso” l’isola. Meno verosimile è la storiella su Haiti riserva di petrolio, e non solo perché Global Research è un sito semi-cospirazionista che tra le altre cose sostiene la tesi complottista sull’11 Settembre. Fosse questo avremmo chiuso volentieri un occhio.
Ma c’è una colpa più grave nell’articolessa del manifesto, di quelle che fanno venire in mente le boutade sul climate change. A sostegno della sua tesi, infatti, Maurizio Matteuzzi spiega che Haiti si trova su una delle zone geologiche più attive al mondo, “alla intersezione di tre placche tettoniche il cui perenne movimento-scontro di 50-100 mm l’anno provoca i terremoti ma può spingere verso l’alto grandi volumi di petrolio e di Gas”. Beh, semplificare per semplificare, non bisogna essere dei ricercatori dell’INGV per sapere che gli idrocarburi si trovano a profondità non troppo elevate, mentre dalle fratture più profonde come quelle provocate dal sisma di Haiti uscirebbe lava, non petrolio.
Possiamo chiederci se nel quaternario o giù di lì sull’isola ci fossero grandi foreste che in seguito si sono trasformate in giacimenti di oro nero, certo, ma su questo punto il manifesto non aggiunge nulla di più di quello che sappiamo già. In realtà, secondo il CIA World Factbook – nel 2004 le riserve di petrolio di Haiti ammontavano a zero barili, zero come le sue esportazioni di greggio, mentre l’isola importava circa 11,840 barili al giorno.
Se davvero l’isola fosse questo paradiso perduto come mai l’amministrazione Bush l’ha messa all’ultimo posto della sua agenda? E se davvero volessimo seguire la tesi per cui l’America ha rovesciato Saddam per impossessarsi del petrolio iracheno, allora avremmo dovuto aspettarci un vicepresidente Cheney che dava l’ordine di inviare a Port Au Prince il meglio della flotta Usa, ben prima del terremoto. Come pure quel cleptocrate di Aristide si sarebbe gonfiato le tasche con i petro-dollari più di quanto non abbia fatto con il traffico di droga, trasformando il suo Paese in un “narco-stato”.
“Solo fanta-politica?”, si chiede il buon Matteuzzi alla fine del suo pezzo. Ebbene, visto che il quotidiano comunista ha il pregio di brillare per fantasia e creatività, o almeno così dicono, ci chiediamo perché non abbia aggiunto che una squadra di geologi americani in missione segreta è riuscita a penetrare sotto la crosta terrestre provocando il terremoto per poi occupare l’isola militarmente. Questa sì che è fantascienza.