C’è Israele a salvare la Grecia

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C’è Israele a salvare la Grecia

09 Dicembre 2011

La Grecia non ha più nulla da offrire all’Europa? Verosimilmente no. Lo Stato declassato da Moody’s, sottovalutato dal sito d’intelligence Stratfor (“Ha perso ogni importanza geo-strategica”) e il primo ad essere buttato giù dall’Euro Tower, potrebbe rivelarsi la Cenerentola del Vecchio Continente. Per due motivi.

Arginare i flussi dell’immigrazione clandestina. La posizione geografica della Grecia la rende tuttora la porta d’ingresso all’Europa per chi desidera entrarvi da est. Secondo i dati riportati da Frontex, l’agenzia che coordina le polizie di frontiera europee, dal 2010 una media di 300 persone al giorno, tutti i giorni, ha raggiunto i Paesi europei passando il confine greco-turco. Ma con le rivolte arabe è aumentato di circa il 50% nei primi mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010 il numero delle persone che ha deciso di abbandonare le proprie nazioni e approdare in Europa passando attraverso la Grecia.

“Dal 2 giungo dello scorso anno più di 38.000 immigrati clandestini sono stati intercettati lungo il confine che divide la Grecia dalla Turchia” ha dichiarato Gil Arias Fernandez, vice direttore di Frontex, aggiungendo un altro dato: “Nel solo mese di ottobre 2011 circa 9.600 immigrati hanno provato ad entrare in Europa attraverso la Turchia. Un flusso superiore del 20% rispetto a ottobre dello scorso anno”. Oltre alle rivolte arabe, la causa dell’aumento dei flussi migratori verso la Grecia è dovuto alle politiche della vicina Turchia.

Ankara, infatti, ha costruito la propria zona di esenzione dal visto d’ingresso -che assomiglia allo spazio Schengen dell’UE- con Paesi come Iran, Siria, Yemen, Libia, Libano, Marocco e Tunisia. Inoltre, denuncia Fernandez, Ankara promuove voli low cost che operano tra molti paesi del Nord Africa e che atterrano preferibilmente a Istanbul, dove troviamo un aeroporto poco distante dal confine ellenico. Per contrastare il fenomeno Atene sta costruendo un muro alto cinque metri e lungo circa dodici chilometri al confine con la Turchia, nella regione del fiume Evros vicino alla cittadina di Orestiada. Nel frattempo, Erdogan sfrutterà l’immigrazione clandestina per forzare le scelte di Bruxelles come per anni ha fatto Gheddafi. E perché dovrebbe farlo?

Rispondendo a questa domanda arriviamo anche a scoprire perché la Grecia è ancora indispensabile all’Europa. E al medio oriente. Scoperta di ricchi giacimenti di gas nei fondali dell’Egeo.

Mesi fa sul sito web la pulcedivoltaire Paolo della Sala ha scritto: “Il Bacino del Levante, la porzione di Mediterraneo che va da Cipro verso le coste situate tra Siria Libano Israele e Gaza, trabocca di gas (e petrolio) e ciò disegna un medio oriente completamente nuovo, in cui Israele diventerebbe esportatore di gas e il Libano potrebbe tornare a essere la Svizzera d’Oriente. Secondo la Noble Energy in tutto il bacino del Levante ci sarebbero almeno 227 Tcf (trillion cubic feet) di gas. Per avere un termine di paragone, le riserve egiziane sono di 77 Tcf, mentre la parte iraniana di South Pars, il più grande bacino al mondo, ha una stima dichiarata di 436 Tcf. L’area compresa tra Cipro e Gaza conterrebbe uno dei primi cinque bacini di gas al mondo”.

Cipro e Israele saranno i futuri trend setter del gas necessario a soddisfare la sete energetica di buona parte del Mediterraneo. Due impianti ciprioti con una capacità di 7 milioni di tonnellate sono pari a circa il 23 per cento delle esportazioni russe verso l’Europa occidentale. Nicosia e Gerusalemme (con i suoi giacimenti sottomarini di idrocarburi di Tamar e Leviathan a largo di Haifa) stanno infatti collaborando per definire i confini della piattaforma continentale secondo le regole della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del mare, per cui un Paese è legittimato ad esplorare e sfruttare le risorse naturali ad una distanza di 200 miglia nautiche dalle proprie coste . La distanza minima tra Israele e Cipro si trova a 140 miglia nautiche e, secondo il diritto internazionale, il confine in questo caso è stabilito a metà tra i due Paesi. Israele punta a liberarsi alla camicia di forza della dipendenza energetica dai vicini arabi. Dagli inizi di febbraio ha visto alzare il prezzo del gas che importa dall’Egitto e per nove volte il gasdotto che dal Sinai rifornisce Gerusalemme è stato sabotato.

L’oro azzurro, dunque, porterà Israele e Cipro (e, per estensione, la Grecia) ad un’alleanza naturale e non è un caso che il viceministro degli esteri israeliano Danny Ayalon sia stato il primo rappresentante di uno Stato straniero a recarsi ufficialmente in Grecia dalla formazione del nuovo governo Papademos, dove, incontrando il suo omologo greco, ha fissato l’agenda per continuare a portare avanti il progetto delle esplorazioni nel mare attorno a Cipro per la ricerca di gas naturale, esplorazioni che Nicosia conduce con la collaborazione di Atene e Gerusalemme e il sostegno tecnico della compagnia americana Noble Energy, Inc.

In questo quadro si inserisce la Turchia che mantiene pessime relazioni con Cipro (Ankara occupa la parte nord dell’Isola dal 1974) con la Grecia (abbiamo appena visto il problema clandestini) e con Israele (dallo scorso settembre ha ridotto al minimo i suoi rapporti con Gerusalemme espellendo l’ambasciatore dello Stato ebraico per i fatti legati alla Mavi Marmara).

Il governo turco, che controlla Cipro Nord con un contingente di circa quarantamila soldati ed è l’unica nazione al mondo a riconoscerne la legittimità, contesta con forza questa attività sostenendo che Nicosia dovrebbe prima trovare una soluzione al conflitto con l’entità turco-cipriota e solo in seguito sfruttare le ricchezze regionali. Inoltre, Ankara -che non ha mai aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite per il diritto del mare UNCLOS- chiede che i futuri proventi del gasdotto vengano divisi con la Repubblica turca di Cipro del nord, anche se in realtà la zona interessata è adiacente alle coste della più meridionale Repubblica di Cipro, riconosciuto come membro UE e che a giugno prossimo ricoprirà la presidenza di turno dei ventisette Paesi. Erdogan, intanto, ha minacciato l’Europa che se entro giugno 2012 non verrà risolta la “questione cipriota”la vera crisi non interesserà solamente i governi di Nicosia Atene e Gerusalemme ma sarà una questione tra la Turchia e l’Europa. Compresa anche quella del nord.