C’è qualcuno nel Pdl che non è più garantista
27 Ottobre 2009
«Di fronte alle ultime vicende giudiziarie il partito si è mostrato troppo timido. Di questo passo rischiamo di perdere l’anima garantista, proprio ora che dobbiamo rispondere colpo su colpo». È pesante il richiamo che Gaetano Quagliariello indirizza ai suoi colleghi del Popolo della Libertà. «Nel partito tutti devono capire che il tema della giustizia, dopo la sentenza della Corte costituzionale sul “lodo Alfano”, è tornato centrale. Basta con questa sindrome di sudditanza culturale». Anche perché le sorprese, denuncia il vicecapogruppo del PdL al Senato, non sono finite: «Abbiamo notizia, e lo faremo presente nelle sedi opportune, di intercettazioni telefoniche in cui tra gli interlocutori vi sono alcuni parlamentari. Intercettazioni trascritte e inserite in atti giudiziari senza che nessuna richiesta di autorizzazione sia pervenuta alla giunta della Camera di appartenenza».
Dov’è che il PdL sta chinando la testa?
«Sul “caso Cosentino”, ad esempio».
Il coordinatore del PdL campano su cui si addensano ombre giudiziarie che molti, finiani in testa, non vorrebbero candidare alla presidenza della Regione?
«Si può avere più o meno simpatia per Cosentino, e si può convenire o meno sull’opportunità di candidarlo. Quello che non deve accadere è che il nostro partito dia per scontato, proprio come fa il Pd, quello che scontato non è: la colpevolezza di Cosentino, ma anche l’esistenza di atti giudiziari di cui finora nessuno ha confermato l’esistenza».
Cosa dovrebbe fare il PdL?
«Arrivati a questo punto, dobbiamo esigere che su una vicenda di questo tipo la procura non si trinceri, ipocritamente, dietro il segreto istruttorio. Sia per rispetto della persona, sia per sgombrare il campo dal sospetto che ci si tenga in serbo qualcosa per scaricarla in una fase più calda della campagna elettorale».
Ma lei Cosentino lo candiderebbe o no?
«Non entro nel merito della questione, ma credo che la decisione del PdL debba essere politica. In quest’ambito, ovviamente, si applica anche un criterio di responsabilità. Ma non è tollerabile che da parte nostra ci sia qualcuno che pretende di prendere questa decisione in base al chiacchiericcio. Paradossale».
Perché?
«Perché mentre sui giornali ci sono pagine su Cosentino, altri “fatti” passano sotto silenzio».
A cosa si riferisce?
«A quanto accaduto a Castellammare di Stabia: un killer tesserato Pd ha ucciso un consigliere del Pd. Questo, pur essendo un fatto, ha avuto una risonanza minima rispetto al clamore suscitato dal caso di Cosentino, basato su dicerie».
Dove vuole arrivare, senatore?
«Al fatto che il garantismo non può andare bene per gli altri e non per noi stessi».
I rilievi valgono anche per come il PdL ha reagito alla nuova bufera giudiziaria che ha investito Clemente Mastella?
«Ci rendiamo conto della natura del provvedimento? Siamo nel 2009, nel tempo di internet e la signora Mastella non viene fatta decadere dall’incarico, ma allontanata dalla sua regione. E da garantisti queste cose le dobbiamo denunciare».
Vede altre nubi all’orizzonte?
«Come testimonia L’Espresso, c’è il nuovo tentativo di accreditare il vecchio teorema per il quale le stragi del 1992 avrebbero un’ “intelligenza” comune: di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Per non parlare di quello che abbiamo ascoltato ieri al processo Dell’Utri».
Su questo, però, la maggioranza ha sempre reagito compatta. Cosa non le quadra?
«Dobbiamo rispondere colpo su colpo, ci stanno servendo una polpetta avvelenata e non dobbiamo dare per scontato questo “bla bla”. Quello che mi colpisce è che quando Nicola Mancino è sotto attacco dei giornali sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, il Csm giustamente si ribella, ma non si chiede come facciano queste veline ad arrivare ai giornali; se ci sia qualche magistrato che le accredita. E quando le stesse veline servono ad attaccare il premier e il suo partito, il massimo che si ricava è un imbarazzante silenzio quando non una pratica a tutela dei pm».
Fatto sta che ieri sulla giustizia avete offerto il dialogo al Pd: avrà buon esito?
«Vedremo se il Pd intende esercitare il suo diritto al confronto o preferisce asservirsi a Di Pietro e pretendere un potere di veto che non gli si può concedere».