C’è un disegno preciso che punta a disarcionare Silvio Berlusconi
23 Agosto 2010
Il vertice di Palazzo Grazioli ha partorito un documento programmatico sul quale il Governo si appresta a chiedere la fiducia. Le reazioni dei parlamentari vicini a Gianfranco Fini, per ora, sono orientate a sostenere il Governo.
A pensarci bene, la mossa di "Futuro e libertà" era abbastanza prevedibile. Un voto di fiducia, preceduto da una discussione in cui ogni gruppo potrà esporre tanto le posizioni convergenti quanto le prese di distanza, diventerà sicuramente una ulteriore occasione per dimostrare che la pattuglia finiana è in grado di condizionare la sussistenza di una maggioranza e la vita stessa dell’esecutivo. Del resto, il gruppo dirigente del PdL non ha vie d’uscita. La strada dell’accordo di legislatura dipende dall’effettiva possibilità di mettere in campo una nuova coalizione; il ricorso alle elezioni anticipate chiama in causa protagonisti diversi dal premier e dai suoi. In politica gli errori si pagano.
Il documento di fine luglio si è rivelato essere tale, per i tempi, per i modi e, soprattutto, per aver preso di mira direttamente il presidente Fini ed innescato un meccanismo di solidarietà, ancor più accentuato dopo gli attacchi di certa stampa, di cui non si avvertiva il bisogno. Un giorno si saprà perché le cose sono andate in tal modo. Perché invece di mandare la politica a riflettere in ferie, la si è voluta mettere sotto pressione, incamminandola lungo un vicolo cieco. L’unica spiegazione plausibile di un redde rationem estivo (ed improvvisato) poteva essere quella di una sottovalutazione del numero dei parlamentari che avrebbero solidarizzato con Fini. Ma questa "disinformazione", foriera di una decisione avventata, viene smentita da tutti i protagonisti di quella riunione, i quali hanno dichiarato sempre di aver rappresentato a Berlusconi una situazione molto prossima, nella dimensione quantitativa della scissione, a quanto sarebbe poi accaduto.
Ma quello dei numeri, alla fine, può essere anche un aspetto secondario, perché è sicuramente sostenibile la tesi che andasse fatta comunque chiarezza in un partito che – anche sul piano mediatico (ecco la trappola di dare troppa importanza ai media!) – si era da tempo sdoppiato ed esprimeva una babele delle lingue.
Il problema vero sta in un errore di analisi ovvero nel non aver compreso che Fini non è il protagonista, ma l’esecutore – ultimo arruolato – di un disegno eterodiretto (con cura e da tempo) rivolto a disarcionare Silvio Berlusconi.
In sostanza, si sta preparando – con un dispiegamento di forze mai visto prima d’ora, tenuto insieme da "un’intelligenza strategica" plurale ed autorevolissima – la medesima operazione del 1994. Fini è uno strumento consapevole di quest’operazione. E in quanto tale sta in una botte di ferro, come dimostra le sorprendenti difesa e solidarietà ricevute dal Quirinale a proposito della discutibile (ma esageratamente discussa) vicenda monegasca. Se Fini non avesse potuto contare su di un sistema ferreo di protezioni non avrebbe mai osato impegnare un’alta carica istituzionale in una lotta di fazione, dirigere i lavori di un’Assemblea legislativa e nello stesso tempo farsi protagonista della scissione di un partito e della nascita di un altro. Certo, la storia non si ripete mai allo stesso modo, ma gli ingredienti del ribaltone del 1994 ci sono tutti: un "a fondo" della magistratura contro il premier su di un caso clamoroso; un governo tecnico richiesto e sostenuto da tutti i poteri forti; una nuova legge elettorale che assicuri la sconfitta della coalizione PdL-Lega.
Non si tratta di fare dei processi alle intenzioni, perché questi progetti sono svelati apertamente e ufficialmente da chi sarà chiamato a gestire un’eventuale crisi. Per sventare queste manovre Berlusconi ha una sola polizza assicurativa: mantenere salda e compatta la maggioranza al Senato in modo da negare la fiducia ad un eventuale governo nato da un ribaltone (che potrebbe ottenere il voto della Camera).
Ma fino a che punto la maggioranza a Palazzo Madama sarà compatta? L’effetto Lega nelle regioni del Nord e del Centro sarà pesante e determinerà la conquista di alcune decine di seggi oggi tenuti da parlamentari del PdL. Bossi ha diverse carte di riserva, in caso di elezioni anticipate: il rafforzamento del suo partito e il rilancio di una prospettiva separatista. Così, nei prossimi mesi Silvio Berlusconi si troverà ad affrontare la più importante offensiva che sia mai stata messa in campo contro di lui e sarà costretto a farlo insieme ad un alleato, Umberto Bossi, che non esiterà a pensare ai propri interessi e a vincere la propria battaglia anche in caso di sconfitta della coalizione. Il tutto con una complicazione pratica: sarà difficile se non impossibile votare in autunno o in inverno.
Ad ogni modo, adesso non vi sono alternative differenti da quelle adottate: elaborare un programma e valutare se su di esso vi siano le condizioni per ricompattare la maggioranza, fino a quando sarà possibile. Sarà un momento della verità, perché verranno allo scoperto le vere intenzioni di Fini (e dei seguaci disposti a condividere fino in fondo il suo progetto) e si vedrà se davvero quel disegno che abbiamo denunciato (e che esiste) avrà modo di affermarsi.
Ci auguriamo che le spinte all’aggiustamento prevalgano. Tenendo presente, però, che, in caso di rottura definitiva e di crisi di governo, il gioco finirà in altre mani. E a Palazzo Madama passerà la nostra Linea del Piave.