“C’è un’insurrezione globale che chiede più libertà e meno governo”

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“C’è un’insurrezione globale che chiede più libertà e meno governo”

27 Maggio 2011

Ieri la Fondazione Magna, in occasione della rassegna Dialoghi DiVini, ha ospitato lo storico e giornalista americano Michael A. Ledeen, uno dei massimi esperti a livello mondiale di politica estera USA e di relazioni internazionali, di terrorismo islamico e di Iran. Un incontro in cui l’autore della celebre rubrica "Faster, Please!", partendo dagli scenari che si aprono per gli Stati Uniti dopo l’uccisione di Osama bin Laden (l’ex profeta di ‘luteranesimo islamico’, secondo Ledeen), ha toccato molti punti destinati a mutare la geopolitica mondiale.

In primis la “primavera araba” che con il suo vento ha sferzato negli ultimi mesi Nord Africa e Medio Oriente. Rivoluzioni che per Ledeen avranno un esito incerto, tanto più che la storia ci insegna (il caso francese) che molte fiammate rivoluzionarie falliscono o degenerano: l’Egitto rischia di essere l’ultimo esempio di una lunga serie. Proprio per questo non si può assecondare l’invito di Obama ad appoggiare indiscriminatamente i moti del mondo arabo, considerando che alcune di queste rivoluzioni stanno avendo come effetto di rafforzare il regime di Teheran, il grande nemico degli Usa.

Diverso il caso dell’Iraq che, come affermato di recente dal Segretario alla Difesa Usa Bob Gates (unod dei grandi critici della guerra di liberazione dell’Iraq), rappresenta ormai un modello per l’“arab spring” perché è diventata la più avanzata democrazia dell’intera regione. Per Ledeen, in ogni caso, saranno le donne mediorientali, con la loro emancipazione, a sancire la riuscita di queste rivoluzioni. Come la moglie del leader dell’opposizione iraniana, Mousavi, una donna coperta dal velo che però non vuole imporlo a tutte le altre. Durante l’incontro con Ledeen, si è parlato anche del della Turchia, un Paese che, dopo essere rimasto tagliato fuori dall’Europa, è diventata un avversario, più che un amico degli Usa e dell’Occidente. E naturalmente di Obama, Israele e Palestina.

"Il 70% degli americani appoggia Israele," spiega Ledeen, "abbiamo visto un presidente che voleva cambiare i rapporti dell’America con lo stato ebraico ed ha fallito. Ha fallito con l’Iran, con cui voleva dialogare. Ha fallito con la Siria, mandando un ambasciatore a Damasco". Sulla questione del ‘ritorno ai confini del ’67’, Ledeen ha sottolineato che il Congresso degli Usa è schierato compatto con Netanyahu, e che "non appoggerà i diktat del presidente Obama". Più in generale, pensando al discorso tenuto da Ledeen, l’impressione, come dice l’ospite di fMC, è che ci troviamo in uno scenario internazionale in costante evoluzione, dagli esiti imprevedibili. Una "rivoluzione globale" che dalle piazze nordafricane arriva agli indignados spagnoli, dai Tea Party americani ai ribelli siriani e sui tetti di Teheran. Un mondo pericoloso, caotico ma non privo di speranza.