Censis: “Italiani vogliono riforme e interventi su spesa”

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Censis: “Italiani vogliono riforme e interventi su spesa”

Censis: “Italiani vogliono riforme e interventi su spesa”

29 Aprile 2008

Le motivazioni del voto alle politiche
del 2008 mostrano il lento declino del richiamo a ideali e
valori, e il ritorno del leader come mobilitatore di consenso.

Il
45% degli intervistati all’uscita dai seggi nelle recenti
elezioni ha dichiarato di avere scelto sulla base della
identificazione con i valori e gli ideali dello schieramento che
ha votato, con una riduzione di 4,6 punti percentuali rispetto al
2006; a crescere in misura molto significativa è invece il peso
del leader dal 13,7% del 2006 al 19,5% del 2008 (il dato più
elevato in assoluto dal 1996), nonché l’influenza dei
comportamenti assunti dallo schieramento votato negli ultimi anni
cresciuta dall’8,3% al 12,3%.

Sono alcuni dei principali risultati della ricerca realizzata dal
Censis sulla base delle interviste svolte a 2.000 italiani,
rappresentativi degli elettori, all’uscita dei seggi nelle ultimi
elezioni politiche. La ricerca viene presentata oggi a Roma nella
sede del Censis da Giuseppe Roma, direttore generale da Giuseppe
De Rita Presidente del Censis.

Il momento elettorale riesce ancora ad attirare gli italiani,
malgrado le ondate di critica della politica degli ultimi tempi,
tuttavia per un quarto degli elettori nella loro vita quotidiana
il rapporto con la politica ha un carattere patologico, è scambio
di favori, richiesta di soluzione di problemi personali che,
altrimenti, non sarebbero in grado di risolvere. Soprattutto nei
comuni più piccoli e al centro-sud, dalle emergenze sanitarie
alla ricerca di un posto di lavoro sino all’accelerazione delle
pratiche della pensione, si evidenzia l’abitudine a rivolgersi a
un politico per risolvere un problema e spesso per vedere
tutelato un proprio diritto. Ben il 23,1% degli elettori si è
rivolto alla politica per avere aiuto nella soluzione di un
problema personale, ad esempio, per una emergenza di salute
(6,1%), per la ricerca di un lavoro per un figlio o parente
(5,2%), per garantire i propri diritti sul posto di lavoro
(4,4%), per accelerare una pratica della pensione (3,5%) o per la
realizzazione di un servizio pubblico nel quartiere (3,4%).

Dal governo, gli italiani, fortemente condizionati dalla
percezione di vulnerabilità socioeconomica di cui l’erosione del
potere d’acquisto è in questo momento l’espressione più
manifesta, si aspettano non solo una riforma della politica e
delle istituzioni, quanto interventi razionalizzatori sulla spesa
pubblica. E’ forte l’attenzione verso la spesa pubblica, rispetto
ai settori dove va aumentata emerge il riferimento alle
infrastrutture (indicate dal 10,4% nel 1996 e dal 24,2% nel 2008,
+13,8%), ai servizi pubblici come trasporti, rifiuti ecc,
(+6,7%), alle spese per ordine pubblico e giustizia (+6,5%)
nonché alle prestazioni previdenziali citate dal 27,6% nel 1996 e
dal 33,9% nel 2008.

Nel tempo è dunque cresciuta la quota di elettori che chiede
maggiori investimenti pubblici nelle infrastrutture e anche nei
servizi pubblici essenziali come trasporti e rifiuti; e in una
tornata elettorale in cui il localismo come orizzonte politico di
costruzione del consenso elettorale è stato dominante, spicca la
richiesta crescente di potenziare il ruolo dello Stato centrale,
garante dell’equilibrio tra le varie parti del Paese. E’
sorprendente l’aumento della quota di italiani, passata dal 33,3%
del 2001 al 46,1% del 2006 sino al 47,5% del 2008, convinti che
in una nuova distribuzione di poteri tra le istituzioni occorre
privilegiare il ruolo dello Stato centrale per assicurare
l’equilibrio tra le varie parti del Paese; diminuisce, invece, la
quota che richiama il potenziamento delle Regioni come
rappresentanti degli interessi dei diversi territori (dal 39% del
2001 al 31,8% del 2006 al 28,4% del 2008), e risale lievemente
(dal 22,1% del 2006 al 24,1% del 2008, dopo che era calato
rispetto al 2001 quando il dato era risultato pari al 27,7%) la
quota che vuole dare più potere a Comuni e Province perché sono
le istituzioni più vicine ai cittadini.

A questa richiesta di potenziare un soggetto centrale capace di
condensare le dimensioni territoriali più micro, si affianca la
reiterata centralità della famiglia come soggetto sociale che,
secondo oltre il 72% degli italiani (era stato il 56,1% nel 1996,
il 23,2% nel 2001) deve essere sostenuto dallo Stato per
migliorare il benessere complessivo della società italiana; cala
il consenso verso le imprese che sono indicate come il soggetto
da sostenere per il benessere collettivo dal 16,9% degli attori,
quando erano state indicate dal 23,2% nel 2001 e dal 24,7% nel
1996.

La semplificazione del panorama partitico come presupposto per
rendere più efficiente la macchina istituzionale ha giocato un
ruolo nel determinare l’articolazione del consenso elettorale.
Anche per le caratteristiche dell’offerta politica, gli italiani
hanno perso di vista una collocazione ideale “al Centro” dove si
posiziona l’8,9%, mentre entrambe le coalizioni maggiori
risultano decisamente sbilanciate sui versanti estremi: il 27,7%
degli elettori del Centro-destra si autodefiniscono di destra,
mentre il 25,5% di quelli del Centro-sinistra, si autocollocano
decisamente a sinistra.

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