C’eravamo tanto odiati. Tra Hillary e Barack è scoppiata la pace?

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C’eravamo tanto odiati. Tra Hillary e Barack è scoppiata la pace?

03 Luglio 2008

Non tutti sono disposti a credere che tra Hillary Clinton e Barack Obama sia scoppiata la pace, ma tra i due Big del partito democratico venerdì scorso è stato firmato un armistizio in una cerimonia curata nei minimi dettagli. A partire dal nome del luogo, Unity, a dimostrare la ritrovata unità dopo le primarie più laceranti della storia americana. Unity è un villaggio del New Hampshire di 1700 anime. L’8 gennaio, il giorno delle primarie nel piccolo Stato del New England, gli abitanti di Unity si sono divisi a metà nella scelta del proprio candidato: 107 voti per la senatrice di New York, 107 per il senatore dell’Illinois. Insomma, un set coi fiocchi per mettere in scena il patto di ferro tra i due ex avversari. E siccome non guasta, la cravatta celeste di Obama era perfettamente abbinata con il tailleur di Hillary. Una “coincidenza” cromatica che non è sfuggita all’occhio dei media americani, che hanno seguito l’evento come fosse il giuramento presidenziale. 

I discorsi di Obama e della ex First Lady (e ormai, ex candidata alla Casa Bianca) sono stati improntati all’elogio l’uno dell’altro. Il senatore afro-americano ha ribadito che per vincere ha bisogno dei Clinton e che Hillary è un personaggio formidabile. Hillary si è detta onorata di poter aiutare Obama a conquistare la Casa Bianca. Quindi, ha esortato i suoi supporter amareggiati a non fare sciocchezze il 4 novembre disertando le urne o, ancora peggio, votando McCain. E questo è il nocciolo della questione. Durante il “comizio dell’unità”, infatti, alcuni sostenitori di Hillary hanno espresso il proprio disappunto. Qualcuno ha gridato “We want Hillary”. Altri, più volte: “Hillary VP”. Una fetta degli elettori della Clinton chiede infatti che la senatrice venga inserita nel ticket democratico come candidata Vice Presidente. Né mancano gli irriducibili. Il “Washington Post” in un reportage da Unity ha riportato il commento di Carmella Lewis, delegata della Clinton a Denver. “Non lo sopporto”, ha sbottato mentre parlava Obama, “Non vado a votare oppure voto per John McCain”. 

La sconfitta brucia ancora, soprattutto per le modalità con le quali è maturata. I fan della Clinton, soprattutto donne, si sentono addirittura defraudati. Vittime di un sistema elettorale (quello delle primarie democratiche) che fa rivivere gli incubi delle elezioni del 2000 Bush-Al Gore. In effetti, se si tiene conto del consenso popolare, dei risultati nei grandi Stati (decisivi il 4 novembre) e dell’annullamento del voto in Florida e Michigan è difficile convincere i sostenitori della senatrice di New York che la loro candidata abbia perso. La rivista di sinistra “Salon” ha pubblicato, in questi giorni, un lungo servizio di Rebecca Traister dal titolo significativo: “Perché gli elettori della Clinton dicono che non appoggeranno Obama”. La Traister si sofferma in particolare sulle donne over 30, lo zoccolo duro di Hillary. Alcune di loro, annota, si sono riunite in un movimento denominato PUMA. Si tratta dell’acronimo di “Party Unity My Ass”, che sfumando assai nella traduzione suona più o meno così: “Chi se ne frega dell’Unità del Partito”. Le “PUMAs” esprimono il proprio malcontento contro i media e la leadership del partito colpevoli, a loro dire, di aver riconosciuto un pregiudizio sessista nei confronti di Hillary Clinton solo quando ormai Obama aveva la nomination in tasca. 

Tuttavia, la maggior parte degli elettori democratici e, innanzitutto, i maggiorenti del partito dell’Asinello sanno che, senza coesione interna, la strada verso la Casa Bianca sarebbe tutta in salita. Per questo, pubblicamente e dietro le quinte, si lavora alacremente per presentare il partito unito alla convention di Denver a fine agosto. Hillary stessa ha dato il buon esempio, non solo a Unity, ma anche presentando Obama ai suoi 200 donatori più generosi, riuniti in un hotel di Washington. Dal canto suo, il senatore dell’Illinois ha assicurato la sua disponibilità a far sì che venga ripianato il debito maturato da Hillary durante le primarie. Anche il “Democratic Leadership Council”, la “corrente centrista” che ha avuto un ruolo determinante nella vittoria di Bill Clinton nel 1992 è impegnato in una marcia di avvicinamento verso Obama. I membri del Council clintoniano sono pronti ad appoggiare il senatore di origine keniane a patto che sfumi il suo profilo “leftish”. In realtà, la virata al centro a caccia del voto dei moderati Obama l’ha già intrapresa subito dopo aver conquistato la candidatura. In questi ultimi giorni, su temi come pena di morte, intercettazioni antiterrorismo e diritto al porto d’armi, Obama ha espresso posizioni non lontane da quelle dell’odiato George W. Bush, facendo storcere la bocca a non pochi elettori liberal. Last but not least, Obama dovrà gestire la presenza ingombrante di Bill Clinton. I rapporti tra i due sono pessimi. Tuttavia, Obama ha bisogno di lui per attrarre il voto di settori, come i colletti blu e gli anziani, che nelle primarie hanno votato compatti per la ex First Lady. D’altronde, è opinione diffusa che Obama escluda la possibilità del ticket con Hillary per non ritrovarsi il marito a due passi dalla stanza dei bottoni. Allo Studio Ovale c’è posto per un solo presidente.