“Charlie Gard-Eutanasia di Stato”
14 Novembre 2017
Proponiamo di seguito un passaggio del primo capitolo del libro di Assuntina Morresi, “Charlie Gard-Eutanasia di Stato”.
“Dalla sera del 29 giugno abbiamo cominciato quindi a tempestare di messaggi il Gosh, a riempire di proteste le nostre bacheche social e i nostri blog, a far girare il video dell’accorata intervista a Chris e Connie, rilanciando l’allarme a tutti i nostri contatti. Molti di noi ne hanno migliaia, e si sono decuplicati in pochissimo tempo.
Fra gli hashtag più diffusi #JeSuisCharlieGard; e poi: Great OrmondStreetlethim live, GoshisCharlie’s grave, don’tkill Charlie, i messaggi più ricorrenti inviati all’ospedale (e i relativi account subito bloccati, come quelli di chi scrive).
Tantissime preghiere, in gruppo e da soli. Ognuno ha fatto qualcosa, letteralmente nessuno è restato fermo. C’è chi ha messo un like in qualche post, chi ha recitato un’Ave Maria, chi le preghiere le ha organizzate, chi ha cercato di contattare la persona più autorevole di sua conoscenza per chiedere di intervenire pubblicamente: un politico, un religioso, un giornalista.
E abbiamo capito tutti insieme, senza neanche dircelo, che questa mostruosità solo qualcuno di grande, di importantissimo, poteva fermarla. E siccome noi che sostenevamo Charlie siamo per la stragrande maggioranza cattolici, non potevamo che pensare al Papa. Non sapevamo che Connie gli aveva già scritto.
Da giorni giravano proposte di lettere al Papa, per chiedere il suo intervento. Non era un’iniziativa di qualcuno in particolare, ma un’idea generale che stava prendendo corpo, fra tutti noi.
La mattina dopo, il 30 giugno, giorno in cui avrebbero dovuto “staccare la spina” al bambino, sul mio telefonino sono arrivati diversi messaggi whatsapp, con lo stesso contenuto e toni, leggermente diversi fra loro nel testo. Ne riporto uno, da esempio:
Per chi vuole tentare l’ultima carta per Charlie, chiedere un intervento diretto e concreto del Papa: telefonare alla Segreteria di Stato Vaticana 06 69883913. Appena rispondono dire nome, città “chiedo che il Papa intervenga concretamente per salvare Charlie”. Riagganciare. Bombardiamoli.
Altrimenti chiamare direttamente la Domus Santa Marta 06 6982. A questo numero rispondono, ascoltano, se chiedi ti dicono “sì, abbiamo ascoltato tutto.”
E li abbiamo bombardati. Tantissimi. Ognuno da dove era: colleghi di ufficio hanno fanno i turni per telefonare dal bagno, uno alla volta. Altri hanno chiamato dalla scrivania dell’ufficio, dalla macchina, per strada, da casa, dalle vacanze appena iniziate. Molti di noi telefonano ripetutamente, non tutti riescono a parlare perché le linee sono intasate. È una mobilitazione enorme che fa impazzire i centralini del Vaticano, soprattutto a Santa Marta, e dura tutta la giornata, dalla mattina fino alla sera, in un crescendo perché il tempo per Charlie sta per scadere, e per tutti noi quello che sta succedendo è mostruoso, e vogliamo fermarlo, e sostanzialmente dedichiamo tutto il nostro tempo e le energie a questo. Chi riesce a parlare con qualcuno poi racconta agli altri, e si ricomincia. Le nostre chat ribollono di messaggi. Una mobilitazione apparentemente invisibile, veramente popolare, di cui ancora una volta chi era al di fuori dei social non si è accorto, se non gli è stato raccontato. Tante le telefonate alle autorità, soprattutto religiose – parroci, vescovi, e pure cardinali: “Eccellenza, ma non sa?”, “Monsignore, per favore, dovremmo…”, “Eminenza, con rispetto, Le chiedo… ” “Don… che facciamo, stiamo zitti?” – su su, fino alla casa del Pontefice, dove sono state fatte da chi non si sarebbe mai sognato, fino a quel momento, di trovarsi per un giorno intero a chiamare insistentemente Santa Marta per lasciare un messaggio accorato a Papa Francesco.
Dalle informazioni che sono circolate fra noi, all’inizio della mattinata le suore rispondevano più che altro sorprese, dicendo che stavamo telefonando in tantissimi. Man mano che passavano le ore, le risposte si sono fatte più brusche – “Smettete, state intasando le linee”, “Il Papa lo sa”, “la Chiesa ha già parlato”, “pensate che il Papa non stia facendo niente?” – e spesso la comunicazione si interrompeva, o passava a un messaggio automatico che invitava a chiamare più tardi – ma l’assalto telefonico è continuato ostinato e compatto fino a sera, quando a rispondere erano voci oramai rassegnate, non più delle suore ma maschili.
Solo alcuni giornalisti più attenti se ne sono resi conto. Ancora Antonio Socci, che ne ha parlato in un suo pezzo il giorno dopo, riferendo anche di una telefonata, una delle tante: “Ho chiamato per chiedere urgentemente che il Papa intervenga in modo concreto per salvare la vita di Charlie Gard”. Risposta della suora. “Sì, il Papa sta pregando per tutti quelli che devono prendere una decisione”. Replica: “No, guardi, la decisione l’hanno già presa. Bisogna che intervenga subito per salvarlo”. Dall’altra parte silenzio, imbarazzo e poi: “Ah, capisco, preghiamo….”
Pure il Daily Mail ha riferito del diluvio di telefonate, pubblicando anche la foto di una mano di Charlie con la medaglietta di san Giuda Taddeo, il patrono delle cause perse.
Anche chi scrive ha telefonato. Ovviamente”.
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