Charlie, il Bambin Gesù e quella surreale udienza inglese
26 Luglio 2017
“Noi non abbiamo l’abitudine a interrompere la ventilazione meccanica. In genere siamo abituati a fare la diagnosi di morte cerebrale e in quel caso interrompiamo naturalmente le cure. […] Il bambino io l’ho visitato, era reattivo, aveva una miosi reattiva.” Lo ha detto il Dottor Bertini, Responsabile di Malattie Muscolari e Neurodegenerative dell’Ospedale Bambino Gesù, durante la conferenza stampa che ha tenuto insieme alla Presidente Mariella Enoc. Tanto per capire che, solitamente, il ventilatore si stacca quando non serve più ventilare, cioè perché il malato è guarito, o perché è morto. Non serve una grande preparazione scientifico/filosofica/bioetica/teologica/morale: basta il buon senso, e soprattutto volerlo usare. E Charlie, nello specifico, è vivo. E reattivo, pur nelle gravissime condizioni che sappiamo. Ricordiamo che invece i medici del Gosh (l’ospedale pediatrico inglese in cui è ricoverato Charlie) hanno chiesto di staccare il ventilatore a febbraio scorso.
Ma torniamo alla conferenza stampa, molto interessante ed equilibrata, tutta da sentire. E se si è diplomaticamente evitato di parlare di responsabilità del Gosh, i giudizi espressi sui diversi aspetti di questa vicenda sono stati però assolutamente chiari ed espliciti (qui il link al video). Il dott. Bertini ha anche difeso Hirano – il medico americano che il Gosh ieri ha pesantemente attaccato, insinuando un suo interesse economico nella vicenda – e ha ribadito che l’ospedale inglese “era a conoscenza che lui (Hirano, ndr) rifiutava qualsiasi royalty per lo sviluppo della malattia da difetto di RRM2B.” Nonostante ciò, il tentativo di delegittimare Hirano è stato fatto. Ma ormai credibilità e affidabilità del Gosh sono ai livelli minimi. C’è qualcuno che oggi andrebbe a ricoverarsi lì?
L’evidente e doverosa prudenza della Enoc e di Bertini ha però lasciato emergere con chiarezza quello che avevamo ben capito ieri, nell’udienza drammatica in cui Chris e Connie hanno rinunciato alla terapia sperimentale per loro figlio, viste le sue condizioni: Charlie era in cure palliative da mesi. Al Gosh aspettavano solo di staccargli il respiratore. Il trattamento trovato dalla mamma era noto alla comunità scientifica fin dall’ottobre precedente, proprio quando Charlie entrava in ospedale. Presentato la prima volta ad un congresso a Granada, “impressionanti” i risultati visti, su patologie analoghe ma diverse; ne hanno parlato in incontri scientifici internazionali successivi, dei quali è ovvio che i pochi esperti di settore fossero a conoscenza, tra cui sicuramente la dottoressa che ha “preso in cura” il piccolo (e magari a qualcuno di questi incontri ha pure partecipato). Bertini spiega che anche se prima questo trattamento era stato sperimentato solo in vitro, c’era una base razionale molto forte a suggerire che potesse funzionare nei malati come Charlie, in analogia con altri trattamenti validi ed efficaci per patologie simili. Ha spiegato che queste malattie ultra-rare devono essere trattate quanto prima possibile. E che lui quel tentativo l’avrebbe fatto. Forse una questione di medici che ancora vogliono curare il paziente senza decidere sulla sua qualità della vita; una questione di orientamento culturale, di “scienza e coscienza”.
Ma al Gosh altri sono gli orientamenti, come si è visto oggi, in una udienza dai toni decisamente surreali. Chris e Connie vogliono portare a casa loro figlio, ovviamente con il ventilatore attaccato. Ma il Gosh non vuole, e quindi si torna in tribunale. E nella cronaca twitter dell’udienza, dell’ottimo Joshua Rozenberg, abbiamo letto cose difficili da credere: la prima obiezione del Gosh è che il ventilatore non passa per la porta di casa Gard. Già. Evidentemente la mobilitazione internazionale di mesi, arrivata fino al Papa e Trump, era dovuta al fatto che la porta di casa Gard è troppo stretta! Non si può evitare di citare il vangelo di Luca: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno”. In effetti, nello statement ufficiale del Gosh alla porta stretta i legali aggiungono anche “scale da affrontare e angoli da girare” – che ricorda tanto le discese ardite e le risalite.
Da ulteriori considerazioni circa le ruote dell’ambulanza e la pavimentazione, emerge che il problema per il Gosh è che il trasporto possa essere pericoloso per Charlie. Che possa capitargli qualcosa di brutto mentre va a morire. A questa risposta, a cui ogni commento rischia una querela per turpiloquio, la legale del Gosh ha pure il coraggio di aggiungere che non capisce perché i genitori di Charlie non accettino le mediazioni dell’ospedale, che vuole solo il miglior interesse per Charlie. E alla proposta di un hospice – seconda scelta della famiglia, dopo il riportarlo a casa – la risposta è che “gli hospice non possono offrire le cure mediche di cui ha bisogno Charlie”. Cioè gli hospice nel Regno Unito non hanno ventilatori? Non hanno infermieri? Non hanno palliativisti? Nella patria degli hospice? Il giudice, evidentemente esasperato, chiede se Charlie può essere portato a casa di un altro parente (sottinteso: con la porta più larga, possibilmente senza scale né angoli), e chiede quale sia il problema con il trasporto a casa. La risposta è disarmante: il problema è che i genitori vogliono che Charlie usi il ventilatore a casa per diversi giorni.
Onestamente non riusciamo a capire, visto che le spese le paga la famiglia. O forse c’è una certa fretta per farlo morire? Il Gosh dice che non può garantire l’offerta di una ventilazione buona per Charlie al di fuori dell’ospedale, pare che ventilare un bambino in terra inglese sia un’impresa titanica, tanto che il Gosh, per bocca del suo legale, dichiara “non siamo in grado di trovare un intensivista in tutto il Regno Unito che possa supportare le cure di notte in un ambiente domestico”. Preso atto della disperata carenza di personale medico fra i sudditi di Sua Maestà, ci risolleviamo leggendo lo statement ufficiale del Gosh, dove si spiega che comunque dopo tanto penare sono riusciti a trovare un hospice adatto, ma c’è il problema del tempo: “gli hospice nel Regno Unito non hanno risorse e staff per fornire una ventilazione invasiva per più di qualche ora perché non sono autorizzati o assicurati per dare cure intensive”.
Insomma: solo hospice a ore, Oltremanica. Il problema è che non siamo a teatro, e non è una puntata di Crozza. Ma siamo davanti alla cosiddetta Alta Corte inglese, che, a nostro modestissimo parere, non era mai caduta tanto in basso. Oggi prosegue l’udienza. Preghiamo per i genitori di Charlie, che riescano a sopportare anche questo strazio.