Chavez ha perso ma pensa già a una contromossa

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Chavez ha perso ma pensa già a una contromossa

Chavez ha perso ma pensa già a una contromossa

03 Dicembre 2007

Sorpresa in Venezuela: la riforma costituzionale voluta dal
presidente Hugo Chavez è stata bocciata dal voto popolare. Chavez ha
riconosciuto la sconfitta, si è congratulato con l’opposizione. Poi però ha
dichiarato: “Per ora, non possiamo procedere” sulla strada delle riforme
costituzionali; ma la vicenda non si chiude qui, perché “la proposta non è
morta”.

Su quello che potrebbe accadere dopo questo storico rovescio dello
chavismo – il primo dal 1998, quando l’ex tenente colonnello dei parà venne
eletto per la prima volta “primer
mandatario
” – mette in guardia l’ex ministro della Difesa Raul Baduel:
“L’opposizione e il popolo venezuelano adesso non devono abbassare la guardia,
perché il presidente potrebbe tentare di portare avanti il cambiamento con
mezzi illegali”, cioè per via legislativa ordinaria. Una strada che per Chavez
è spianata. Il Parlamento venezuelano, nonostante sia composto nella sua
totalità da deputati appartenenti allo schieramento chavista, ha ritenuto
necessario approvare una serie di leggi (leyes
habilitantes
) che delegano al presidente la facoltà di deliberare su un
vasto campo di competenze, che spaziano dalla sicurezza all’economia. 

Domenica Chavez ha perso, sia pure per un pugno di voti. Agli
elettori si chiedeva di esprimersi su due “blocchi” di riforme: entrambi sono
stati respinti, con il 50,7% e il 51,5% di “no”. In entrambi questi “blocchi”
erano inserite le norme su cui più acceso è stato lo scontro, quelle che
avrebbero aumentato i poteri del presidente cancellando il limite di due
mandati e consegnandogli la facoltà di decretare lo “stato d’emergenza” con
relativa sospensione delle garanzie costituzionali. Fallisce anche il tentativo
di far approvare una riforma in senso socialista dello Stato, contenuta nelle
norme che stabilivano la ridefinizione del concetto di proprietà privata, la
promozione degli “ideali bolivariani” nell’istruzione, la frantumazione del
potere locale in tante piccole comunità dipendenti direttamente dal potere
centrale.

L’astensione è stata alta: 44,1%, pari a 7 milioni di
elettori. In molti casi, si è trattato di una precisa scelta politica. “Ho
sempre sostenuto Chavez, ma questa volta non lo farò – ci diceva sabato scorso
una giovane dottoressa – da parte mia non voglio un presidente che abbia tanto
potere, ancor meno lo voglio quando penso che potrebbe essere eletto qualcuno
che non è Chavez! Però votare ‘no’ mi sembrerebbe votare per l’opposizione, e
non voglio neanche questo. Così, domenica me ne starò a casa e per la prima
volta in otto anni non andrò a votare”.

Il parere appena riportato arriva da una persona di alto
livello culturale, appartenente alla borghesia caraqueña. Ma anche nei
“barrios” c’è chi ragionava così. In una testimonianza raccolta prima del voto
da Simon Romero del New York Times, una ragazza del quartiere ultrapopolare di
Coche, a Caracas, diceva: “Chavez è matto se crede che lo seguiamo anche questa
volta, come pecore. Un governo che non riesce a garantire il latte per mia
figlia e l’asfalto alle nostre strade, come può dare una pensione a mia madre?”
che evidentemente è una “buhonera”,
ovvero una venditrice ambulante, categoria alla quale una norma della nuova
Costituzione avrebbe garantito una previdenza sociale. Una delle tante “esche”
disseminate nella riforma appena bocciata, che accanto alle norme più
contestate prometteva anche la riduzione della giornata lavorativa e più
garanzie sul posto di lavoro.

La ragazza di Coche centra il problema. Che senso ha parlare
di Costituzione, di pensare a una trasformazione della società verso il
socialismo, di impegnarsi in processi inevitabilmente lenti e contrastati
quando il paese ha bisogno di risposte immediate su problemi gravissimi? La
delinquenza è fuori controllo, il latte è ormai un bene introvabile, i
rifornimenti di uova, carne e zucchero non sono costanti, l’inflazione galoppa
(in un mese, un caffè al bar è salito da 1.000 a 1.300 bls.), il
bolivar è in caduta libera: il dollaro, al cambio ufficiale, vale 2.150 bls, al
cambio nero 6.100. In queste condizioni, tutte le parole e i tanti mesi spesi
per parlare di riforma costituzionale sono sembrati, a molti, una fuga dalla
realtà.

Per Chavez è stato l’ennesimo rovescio in un 2007, per lui,
avaro di soddisfazioni. Impegnatosi nel negoziato con le Farc per la
liberazione di Ingrid Betancourt e altri ostaggi, prima si è presentato a un
appuntamento con Sarkozy senza riuscire a portargli quanto promessogli, cioé la
prova di esistenza in vita di quelle persone (che è arrivata sabato scorso, a opera
della polizia colombiana); poi ha dovuto ingoiare la revoca dell’incarico di
mediatore decisa dal presidente colombiano Uribe. Tra questi due rovesci, in
Arabia Saudita si teneva il vertice dell’Opec, dove Riad impediva a Chavez di
introdurre un’impronta anti-Usa alle politiche del cartello. Adesso, la
striscia negativa arriva a contare un fatto di politica interna: non accadeva
da otto anni.