Chavez vince le elezioni ma Caracas protesta contro il bolivarismo
24 Novembre 2008
Ieri, dopo che una decina di persone erano morte e altre centinaia sono rimaste senza tetto per colpa delle piogge torrenziali che hanno colpito il Paese, la popolazione venezuelana ha scelto i governatori di 23 stati e i sindaci di 335 municipi. La “Alleanza Patriottica”, il raggruppamento guidato dal “Partito socialista unito del Venezuela” (PSUV) di Hugo Chavez, ha vinto. Il presidente rimane il politico più popolare del Paese ma non ha completamente sbancato. L’opposizione dà ancora segni di vita a Caracas, nell’area metropolitana della capitale, e in alcune amministrazioni locali. E questo è un buon segno. Ma bisognerà aspettare il 2012, cioè la fine del mandato presidenziale, per capire se il Paese volterà pagina. In ogni modo sembra che Chavez non potrà rimettere mano facilmente al piano di riforme costituzionali che gli servirebbe per rafforzarsi in vista delle prossime elezioni.
Il grande interrogativo di questa consultazione era in quanti stati avrebbe perso Chavez, visto che alle amministrative del 2004 ne aveva conquistati 21 su 23. Ebbene, i “bolivaristi” hanno vinto negli Stati tradizionalmente fedeli al presidente ma hanno perso nella capitale Caracas, in Zulia (uno dei due stati già controllati dalla opposizione) e in alcuni degli “swing states” dove si erano candidati i “dissidenti” di sinistra (qui la mappa del voto).
Manuel Rosales diventa sindaco di Maracaibo, la seconda città del Paese, e l’opposizione conserva il controllo del Zulia, lo stato dove si concentrano le risorse petrolifere. Rosales resta l’avversario più pericoloso di Chavez nonostante la sconfitta alle presidenziali del 2006. E’ stato accusato di essere un complice dei narcotrafficanti, un uomo dell’estrema destra, un corrotto pronto a vendere il petrolio agli stranieri. “Che nessuno dimentichi che quella bolivarista è una rivoluzione pacifica ma armata!”, lo aveva ammonito Chavez. Rosales guida “Nuova Era” e potrebbe ricompattare le forze socialdemocratiche, liberali e repubblicane, conservatrici ma non reazionarie, in vista delle future presidenziali. Il sindaco si è presentato come il paladino della innovazione e della libertà, di un socialismo alternativo al modello bolivarista. E ha vinto.
Il risultato delle amministrative indica che il popolo venezuelano continua a riconoscersi nella Costituzione e che il tentativo di “riformare” il Venezuela in senso presidenziale e “centralista”, portato avanti da Chavez con il referendum del 2007, non è perseguibile, a meno che il Caudillo non decida di forzare le cose. La riforma costituzionale era stata bloccata dalle manifestazioni di piazza organizzate dagli studenti. Quella sconfitta inaspettata sorprese Chavez e i venezuelani mostrando che nel Paese c’è ancora un’opposizione disposta a battersi. Tutto era cominciato con la chiusura di RCTV, la più gloriosa delle emittenti televisive venezuelane, avvenuta il 27 maggio del 2007. La decisione ha provocato la reazione dell’opinione pubblica: “Quando abbiamo visto il canale oscurato – ha detto Yon Goicoechea, tra i leader della protesta studentesca – è stato come se qualcuno fosse entrato nella nostra stanza e avesse spento il televisore. Perfino quelli che avevano appoggiato le politiche di Chavez hanno iniziato a preoccuparsi. Quando hai delle restrizioni nella libertà di espressione ti stai avvicinando pericolosamente al totalitarismo”.
“La povertà che affligge l’America Latina non può essere risolta con dei dittatori – ha detto Yon Goicoechea – non può essere risolta con dei messia. E neppure dallo Stato. L’unica strada da seguire per opporsi a questo flagello, e per superarlo, è dare la possibilità a milioni di persone di lavorare e di battersi per la propria famiglia senza le intereferenze dello Stato. Non raggiungeremo il nostro obiettivo in un mese o in un anno, dobbiamo prepararci a una lunga battaglia. La vera rivoluzione in Venezuela avverrà quando avremo forti istituzioni liberali che difendano i diritti di ognuno di noi”.