Che ci va a fare Ban Ki-moon a Teheran?

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Che ci va a fare Ban Ki-moon a Teheran?

26 Agosto 2012

Ventisette presidenti, due Re, due emiri, sette primi ministri, nove vice-presidenti, due presidenti di parlamenti, cinque inviati speciali, più una pletora di oltre 7000 delegati si riuniscono in questi giorni a Tehran sotto le sbiadite insegne del Movimento dei non Allineati in rappresentanza dei suoi 120 membri effettivi.

All’Iran spetta la presidenza di turno dell’organizzione per i prossimi tre anni ed è chiaro l’intento di farne una tribuna diplomatica permanente in chiave anti-occidentale. Il ministro degli esteri iraniano Ali Akbar Salehi, ha infatti già detto che il vertice dei Non Allineati: “servirà a dimostrare il fallito tentativo delle potenze occidentali di isolare Tehran”. Saranno messe sotto accusa in particolare le sanzioni dell’Onu contro l’attivismo nucleare dell’Iran. Il tutto in nome della non-ingerenza, uno dei pilastri ideologici del movimento nato nel 1961 per volere del leader Jugoslavo Josip Broz Tito e il sostegno iniziale di Egitto, Indonesia, Ghana e India.

Con la fine della guerra fredda il senso stesso del movimento dei non allineati si è molto appannato essendo venuto meno quel bipolarismo tra grandi potenze tra cui il movimento voleva cercare una “terza via”. Oggi resta ben poco a cui “non allinearsi” eppure i suoi membri (se si aggiungono i paesi osservatori) rappresentano ancora più del 50 per cento delle Nazioni Unite con una capacità di influenza non indifferente. E’ vero anche che i legami ideologici sempre più flebili e gli interessi nazionali spesso divergenti tra gli stati del Movimento rendono rara se non implausible la possibilità di fare blocco su questioni decisive.

Ma al regime di Tehran importa poco la rilevanza dell’organizzazione, quello a cui tiene è la passerella di leader con cui esporsi agli occhi del mondo e una platea in cui far risuonare i suoi proclami. Non c’è nulla che Ahmadinejad e gli Ayatollah amino di più di un palcoscenico, meglio se planetario.

In questo contesto è sorprendente se non scandaloso che il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, abbia accettato di prendere parte al vertice di Tehran e farsi vedere a braccetto con un impressionante sequela di leader di stati “canaglia”. Tanto più che, come detto, uno dei punti focali dell’incontro dei non-allineati sarà proprio quello di mettere in discussione la legittimità delle sanzioni anti-iraniane approvate dalla stessa organizzazione di cui Ban Ki-moon è massimo rappresentante. E con che coraggio il segretario generale dell’Onu si farà fotografare assieme al presidente Ahmadinejad, che solo qualche giorno fa ha ripeuto che Israele “è un tumore canceroso nel cuore del Medio Oriente che sarà presto estirpato”?

Il portavoce di Ban Ki-moon, Martin Nesirky ha fatto sapere che non andare a Terhan per il vertice dei non-allineati sarebbe “un’occasione perduta, anche se siamo consapevoli della delicatezza della visita”. Da giorni infatti sul segretario generale vengono esercitate pressioni – specialmente da parte americana e israeliana – perchè riconsideri la decisione di prendere parte all’incontro. Ma Ban Ki-moon è probabilmente più preoccupato di non irritare una larga fetta della sua costituency all’Onu che non di salvaguardare l’immagine già così compromessa del “palazzo di vetro”.

Eppure dovrebbero essere lampanti i motivi che rendono la presenza del segretario generale dell’Onu a Tehran. A cominciare dalla questione delle sanzioni, per passare al continuo rifiuto dell’Iran di aprire le proprie centrali nucleari alle ispezion internazionali, per arrivare al progressivo isolamento di Israele, che il vertice dei non-allineati rischia di aggravare, rafforzando nel governo di Tel Aviv le posizioni di coloro che premono per un intervento militare contro l’Iran.
Le motivazioni di Ban Ki-moon sembrano allludere alla necessità di tenere aperto un dialogo nella regione, specie con l’incalzare della guerra civile in Siria, che dovrebbe essere uno dei punti di discussione del vertice. Ma anche qui le possibilità di un successo sono risibili essendo l’Iran tutt’altro che un honest borker tra le parti in causa: tanto che nessun esponente dell’opposizione siriana è stato invitato al vertice. Ma è proprio la questione siriana che potrebbe portare defintivamente alla luce del sole l’incosistenza ideologica e politica del Movimento dei non-allineati. Se si guarda al voto di condanna del governo siriano, lo scorso 3 agosto nell’assemblea generale dell’Onu, si vede che ben 70 tra i paesi membri del Movimento hanno votato a favore e solo 8 si sono opposti insieme a Siria, Iran, Cina e Russia. La possibilità dunque che sulla Siria possa arrivar una posizione forte e condivisa è inesistente.
Quanto alle questione palestinese, che pure sarà al centro delle discussioni, già si è aperto un giallo diplomatico circa l’invito al leader di Hamas, Ismail Haniyeh, che le autorità iraniane hanno dovuto smentire dopo la miniaccia del presidente palestinese Mahmoud Abbas di non prendere parte all’incontro.

Come si vede il vuoto gigantismo di certe occasioni diplomatiche può avere un suo ritorno di immagine, ma può anche facilmente sfuggire di mano e produrre risultati opposti a quelli attesi. Il regime di Tehran se non si muove con grande accortezza – anche tenendo strette le redini ad Ahmadinejad e ai suoi proclami – potrebbe trovarsi tra le mani un flop diplomatico di dimensioni inusitate. Anche in questo caso, Ban Ki-moon che ci va a fare?