Che democrazia è quella che non libera Assange

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Che democrazia è quella che non libera Assange

19 Maggio 2017

C’è stato un tempo in cui la democrazia occidentale difendeva i dissidenti. Poi Edward Snowden ha chiesto asilo a Putin. C’è stato un tempo in cui la libertà di parola era un valore irrinunciabile della nostra civiltà. Poi i giornali hanno smesso di fare da cane da guardia al potere politico. C’è stato un tempo in cui eravamo migliori di adesso, ma quel tempo è finito con l’esilio di Julian Assange nella ambasciata dell’Ecuador a Londra, lunghi anni trascorsi dal fondatore di Wikileaks lontano dai suoi figli, per una accusa di violenza sessuale che ieri la giustizia svedese ha fatto cadere. 

Quell’impianto accusatorio avrebbe permesso agli Usa obamiani di prendersi la rivincita sull’uomo che ha scoperchiato tanti segreti scomodi di Washington, estradandolo oltreoceano e gettandolo in prigione com’è accaduto a Bradley, ora Chelsea Manning, il militare americano che passò informazioni a Wikileaks, scarcerato nei giorni scorsi e che in galera, oltre a cambiare sesso, ha anche tentato due volte il suicidio. Non è chiaro cosa succederà adesso al fondatore di Wikileaks. Non sappiamo ancora se Assange potrà lasciare l’ambasciata dell’Ecuador, come dice il suo avvocato, o se Scotland Yard, la polizia inglese, lo arresterà per dei crimini minori che ancora pendono sul suo conto. Potrebbe essere estradato comunque negli Usa dopo che il segretario di stato americano e il capo della Cia lo hanno indicato come il nemico pubblico numero uno. Forse Assange chiederà asilo alla Francia o partirà per l’Ecuador, chissà, “Io non dimentico, io non perdono”, ha detto il Nostro prendendosela tra gli altri con l’Unione Europea.

Anche noi non dimentichiamo. Non dimentichiamo le bufale sugli hacker russi che avrebbero manovrato Assange per fare lo sgambetto a Hillary Clinton e spianare la strada a Trump. Non dimentichiamo i crimini di guerra americani in Iraq e in Afghanistan scoperchiati da Wikileaks negli anni scorsi. Non dimentichiamo il “climategate”, lo scandalo sul riscaldamento globale gonfiato ad arte da scienziati ipocriti, smascherati insieme al loro ambientalismo ideologico da Assange e soci. Non dimentichiamo neppure che il presidente Trump, in campagna elettorale, ha usato spesso materiale di Wikileaks per dimostrare che i suoi avversari Democratici stavano barando, giocando sporco, per vincere le elezioni presidenziali. Da Trump ci si aspetterebbe un gesto in controtendenza, e di clemenza, che non è detto arriverà.

Ma se abbiamo a cuore la democrazia allora Assange deve essere liberato subito. In caso contrario, avremo ancora una volta la conferma di vivere in un regime, il regime del politicamente corretto, in cui la censura delle voci alternative, delle voci alternative alla grande stampa che ha perso di vista la sua missione ed è diventata cinghia di trasmissione dei poteri forti, non ci rende molto diversi da Paesi come la Russia, la Cina o l’Iran, che democrazie non sono.