Che figuraccia! Prodi sta affossando l’Italia
17 Gennaio 2008
Il capo di un governo accusato dal
sindaco di una grande città di non aver fatto nulla nonostante fosse stato
avvisato già da un anno dell’incombere di uno tsunami di rifiuti che rischia di
compromettere il futuro di generazioni e generazioni guastando la terra e
l’aria rendendole cancerogene;
il capo di un governo che non è in grado
di garantire le condizioni minime di sicurezza perché il vescovo di Roma possa
accogliere l’invito a tenere un discorso nella massima istituzione per gli
studi – peraltro fondata da un Papa suo predecessore (un altro oscurantista!) –
della città, ciò che costituisce un primato nella storia della Repubblica e che
non è accaduto neppure ai tempi dell’occupazione nazionalsocialista, ma di cui
sono stati capaci i residuali ed agitati epigoni di ideologie ormai al tramonto,
ma rivitalizzate e ringalluzzite dal fatto di essere rappresentate, e perciò
tutelate, addirittura nel governo e nella maggioranza che lo sostiene;
questo capo di governo respinge con
degnazione sovrana, propria d’altri tempi, le dimissioni di un ministro della
giustizia sottoposto ad indagini da più Procure e la cui moglie è destinataria
di un provvedimento cautelare. Dove può accadere qualcosa di simile oltre che
nel nostro sventurato Paese?
Mentre scrivo non so come andrà a
finire, né quale sia il peso specifico delle indagini nei confronti del
ministro della giustizia (al momento ancora in carica) e della sua famiglia
anagrafica e politica. Non avanzo sospetti sul fatto che egli potesse leggere
un discorso – non parlare a braccio – pochi minuti dopo aver saputo di un
provvedimento di custodia cautelare nei confronti della moglie, neppure ancora
eseguito. Mi limito a rilevare come un ministro della giustizia sotto indagine,
con familiari, affini e sodali vari sottoposti a misura cautelare, sia
un’anomalia difficile da sopportare per qualunque sistema. Egli sarebbe – tra
l’altro – titolare dell’azione disciplinare e di poteri ispettivi nei confronti
di magistrati: come potrebbe esercitare o non esercitare tali poteri senza
attirarsi almeno il sospetto di farlo per rappresaglia, o di non farlo per…
«prudenza»?
Respingere le dimissioni di un ministro
della giustizia in un simile quadro sarebbe possibile solo in una Repubblica
delle banane, ma sarebbe seguito dall’immediato arresto o almeno rimozione dei
magistrati che procedono. L’Italia dell’Unione, però, è ormai peggio di una
Repubblica delle banane. La manfrina presto finirà (o sarà già finita quando
queste righe saranno pubblicate), perché davvero è inimmaginabile che il
ministro della giustizia – per quanto possa di qui a poco rivelarsi un
perseguitato – rimanga in carica. Essa sarà servita solo a consentire al capo
del governo di tenerselo buono, e con lui quel pugno di senatori indispensabili
per sopravvivere ancora un po’ al posto di comando, per procedere alle nomine
ed alle distribuzioni di incarichi pubblici che ha in mente per occupare tutto
il sottopotere possibile e lasciare una qualche eredità per sé e per i suoi.
E questi sarebbero i «seri» al governo!
Col suo sorriso sdentato, il capo del
governo sta facendo sprofondare il Paese nel ridicolo e nel caos, dopo averlo
depredato con una politica fiscale alla «sceriffo di Nottingham», rapace e
persecutoria del ceto medio.
È davvero ora di dire basta! Ci sarà
qualcuno che avrà il coraggio di farlo?