Che fine farà la Costa Concordia

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Che fine farà la Costa Concordia

17 Gennaio 2012

Dicono che l’agonia della Costa Concordia potrebbe durare anche un mese. Se non verrà inghiottita dal Tirreno, la grande nave da crociera verrà fatta a fettine (letteralmente) come hanno spiegato gli olandesi della Smit, vecchi batavi esperti nel ripulire il mare da navi di grande stazza come quella guidata dal comandante Francesco Schettino. Per adesso la priorità, oltre a sperare che qualcuno dei dispersi possa essere ancora tratto in salvo, è quella di evitare un disastro ambientale. Le vittime e la fuoriuscita di carburante popolano i peggiori incubi del gruppo Carnival, leader mondiale delle crociere, che ieri in chiusura ha perso in Borsa il 16 per cento del suo valore, in attesa di scoprire l’ammontare di danni e risarcimenti, fino a un miliardo di dollari secondo gli esperti del ramo.

Sempre gli Smit sostengono che la nave potrebbe essere raddrizzata, c’è chi dice grazie all’uso di palloni areostatici, e trainata da un corteo funebre di imbarcazioni verso un cantiere (una volta che sia stata rattoppata la falla creata dallo spuntone di roccia di granito che ha sfondato le paratie con la forza di dieci bazooka, ovviamente). In questo caso Carnival dovrebbe scegliere se ripararla, tenendola all’ancora fino alla fine dell’anno, oppure disfarsene o venderla o chissà che altro. Il disastro dell’isola del Giglio apre però un altro interrogativo e cioè che fine fanno le navi dismesse o gravemente danneggiate in giro per il mondo. Ed è allora che scopriamo come nell'(ex) Terzo Mondo esistano parecchi cimiteri degli elefanti d’acciaio che vanno a spiaggiarsi nel loro ultimo viaggio.

Senza troppo clamore, navi militari, chiatte e grandi cargo petroliferi (speriamo non la Concordia), vengono trainate negli oceani e le loro carcasse abbandonate nel Gujarat, in India o in Cina: le immagini di questo docu-film sono eloquenti. Si addormentano su spiagge popolate da una subumanità dolente, fatta di poveracci, predoni e rigattieri del mare, che le smontano pezzo per pezzo per sbarcare il lunario. Si può obiettare che non è certo questo il destino di lega tutte le navi del mondo. Ma oltre alla salvaguardia del mare davanti alla Toscana – un bene da difendere assolutamente – pensiamo anche all’amianto e chissà quali altre porcherie che buttiamo nell’Oceano Indiano.