Che la polizia inglese voglia incastrare il Guardian per salvarsi la faccia?

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Che la polizia inglese voglia incastrare il Guardian per salvarsi la faccia?

19 Settembre 2011

È una macchina del fango inarrestabile quella messa in azione da News of the World. Le ore passano e le vicende si complicano sempre più. Nell’occhio del ciclone, stavolta ci è finito il Guardian. Tutti ricordano quando poco più di due mesi fa il quotidiano di Rusbridger pubblicò l’esito della storia di Milly Dowler, la ragazzina rapita e uccisa nel 2002.

Il Guardian fece luce sulla vicenda spiegando che dei dettagli dell’omicidio si era impossessato il giornale di proprietà di Rupert Murdoch violando la segreteria telefonica del cellulare della 13enne scomparsa. Quello che provocò profonda indignazione è che spulciando nella casella della segreteria, i giornalisti e gli investigatori privati (in primis Glenn Mulcaire) che si stavano occupando della vicenda per conto di NotW avrebbero anche cancellato alcuni messaggi, dando così ai Dowler la falsa speranza che la loro figlia potesse essere ancora viva e in grado di ascoltare la segreteria telefonica e, allo stesso tempo, allungando inutilmente i tempi delle indagini.

Dopo la denuncia del Guardian nel mese di luglio – cosa che contribuì alla chiusura del “sister paper” domenicale del Sun – adesso la Polizia Metropolitana di Londra ritorce il coltello contro l’autorevole quotidiano britannico affermando di voler appurare quali fonti abbia usato in alcuni dei servizi pubblicati per smascherare lo scandalo. La direzione del Guardian, dal canto suo, non ci sta e si è rifiutata di svelare le proprie fonti, definendo “vendicativo” il comportamento di Scotland Yard, fortemente criticato per non essere andato a fondo abbastanza su un dossier che risale al 2007.

Secondo il quotidiano la polizia intende ottenere un’ingiunzione del tribunale e un’udienza è già stata fissata per il prossimo 23 settembre per dimostrare la violazione dell’Official Secrets Act (Osa) del 1989 riguardo il presunto rilascio gratuito di informazioni che non sono di interesse pubblico. Così le penne del Guardian Amelia Hill, Nick Davies e compagnia, che si sono occupati della vicenda della ragazzina per più di due anni, dovranno consegnare tutto il materiale che gli ha permesso di venire a capo del giallo, per far sì che la polizia identifichi chi speculava sulla storia di Milly.

Insomma, se due mesi fa tutti applaudivano il Guardian (non ultimo l’ex capo della Metropolitan Police Service Sir Paul Stephenson) per aver fatto luce su un caso che aveva lasciato dietro di sé non pochi interrogativi e su cui la polizia con le sue indagini aveva fallito per ben tre volte, adesso gli stessi lo sbattono sul banco degli imputati. Solo la settimana scorsa il segretario alla Cultura, Jeremy Hunt, ha definito il Guardian un esempio di “giornalismo investigativo di altissima qualità” e invece adesso si ritrova con le spalle al muro. Lo stesso segretario del sindacato nazionale della stampa britannico, Michelle Stanistreet, si è detto sconvolto alla notizia che infanga, di fatto, la condotta del quotidiano: “Sono stati i giornalisti ad indagare sullo scandalo e a rivelare la verità all’opinione pubblica, dovrebbero essere ringraziati invece di essere perseguitati e criminalizzati dallo Stato”.

In effetti è curioso che la polizia britannica che per anni ha chiuso gli occhi di fronte a esempi di giornalismo “criminale” – prove alla mano –, adesso si sia improvvisamente svegliata dal torpore e abbia deciso di rivestire i panni di paladina della legalità. E il fatto che abbia deciso di impugnare uno strumento tanto potente come quello dell’Osa, di cui i giornalisti stessi si servono per evitare che siano svelate fonti segrete, fa venire dei dubbi sullo spirito con cui la Mps abbia denunciato la cosa. L’unico tentativo degno di nota di utilizzare l’Official Secrets Act contro un giornalista, nel caso specifico Tony Geraghty, crollò. Idem quando la polizia perseguì il parlamentare conservatore Damian Green per aver favorito la cattiva condotta in un pubblico ufficio.

Una domanda, nell’ultimo capito di questa storia senza fine, sorge: che si tratti di un tentativo da parte della Metropolitan Police Service, anche detta nel linguaggio comune “The Met”, di riacquisire un po’ di quella reputazione ormai inesorabilmente perduta in uno scandalo, quello delle intercettazioni, che la vede immischiata fino al collo?