Che problema ha il Financial Times con Renzi e renziani

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Che problema ha il Financial Times con Renzi e renziani

28 Maggio 2017

Il Financial Times offre una rappresentazione in chiaroscuro dell’Italia dopo il G7 di Taormina. Il nostro Paese viene descritto come un malato in via di guarigione ma non immune da nuove ricadute. Il giornale finanziario da una parte sembra rassicurato dalla parziale ripresa del mercato immobiliare, dall’altra si preoccupa che le crepe apertesi nel sistema bancario possano mandare all’aria il medesimo mercato immobiliare, in un Paese dove banche e cittadini sono uniti in tanti casi dalla parola mutui. L’Italia, continua il Financial Times, migliora nell’export ma resta tutto sommato al palo nella crescita, l’uno per cento per il 2017 a voler essere ottimisti, l’ultimo dei Paesi europei.

Insomma, mentre si rincorrono voci sul voto sempre più imminente, i “mercati”, come li chiamano, e i giornaloni che gli fanno da grancassa sembrano andarci cauti con Renzi e il giudizio complessivo non lascia esattamente ben sperare sul futuro del renzismo. Eppure, almeno in Italia, è già iniziata l’operazione di “macronizzazione” del segretario Pd, Renzi come Macron, un argine contro i presunti “populismi” che spaventano investitori e mercati (anche se poi puntualmente quella paura svanisce, si pensi a Brexit o alla vittoria di Trump e ai riflessi che questi due eventi hanno avuto sulle Borse). Allora perché il Financial Times è così prudente? Cos’è che preoccupa la grande stampa finanziaria internazionale dopo la (mala) parata di Taormina?

Forse il ricordo della campagna referendaria. All’epoca, i giornaloni finanziari, irretiti dal giovane sedicente rottamatore, erano molto più inclini a dargli spago, anzi, a spellarsi le mani per il Sì alla grande e pasticciata riforma che poi è stata rifiutata dalla maggioranza degli italiani. Anche allora, si diceva che se non avesse vinto Renzi sarebbe venuto giù il Paese e Piazza Affari sarebbe finita in pezzi. Ma dopo la sberla presa dall’ex premier al referendum, quella stessa stampa si è accorta che la personalizzazione della politica insieme alla politica degli slogan e alle ricette economiche de’ sinistra (vedi alla voce 80 euro) dei renziani non portavano a nulla. Con il suo muoia sansone con tutti i filistei, l’ex premier si è lasciato dietro solo instabilità ed inquietudine, la sensazione che continuano a provare la maggioranza degli italiani.

Insomma, il Financial Times si è fatto quattro conti in tasca e per adesso l’endorsement alla Macron non arriva. La stampa finanziaria non si schiera. E questo stop and go, più stop che go, forse dovrebbe indurre il segretario del Pd impegnato come al solito nella sua eterna rincorsa verso il voto a riflettere meglio sul piattino che, vinca o perda, sta per regalare all’Italia.