Che sia Brexit o “Bremain”, l’Europa cambia

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Che sia Brexit o “Bremain”, l’Europa cambia

Che sia Brexit o “Bremain”, l’Europa cambia

13 Giugno 2016

Mentre Londra celebra il novantesimo compleanno di Elisabetta con grandi parate, la Royal Family al completo, il popolo in festa, l’Union Jack al vento e il british pride è alle stelle, Reuters fa sapere che secondo l’Italia di Renzi Brexit sarà un disastro per il Regno Unito. Per quasi tutti i media europeisti italiani e francesi la vittoria del Leave sarà una catastrofe per i britannici. Gli euroscettici francesi e italiani tifano invece per Brexit.

Per i tedeschi, al contrario, Brexit sarebbe una catastrofe per la Germania. “Please, don’t go!” titola “Der Spiegel”, famoso per la cattiveria delle copertine sulla Penisola. “Berlino ha tutto da perdere con Brexit” titola sempre lo “Spiegel”, in un articolo dove si ricorda che il Regno Unito è il terzo partner economico e che senza la Gran Bretagna l’Europa diventerebbe una potenza secondaria nella politica internazionale. Da queste diverse reazioni si potrebbe anche concludere, come Eugenio Scalfari, che in Germania si sta considerando una brexit tedesca.

Nigel Farage spiega ad Aldo Cazzullo inviato dal “Corriere” a intervistarlo a Folkestone, a pochi chilometri da Dover, che l’Italia è l’anello debole dell’Europa, l’euro è una moneta per nordici, non per mediterranei e che se il 23 giugno il Regno Unito vota brexit, seguirà un effetto domino, i paesi del nord se ne andranno uno dopo l’altro: prima Danimarca, poi Olanda, Svezia e Austria. Farage non menziona la Germania, che considera responsabile dell’Unione europea, ma è chiaro che l’effetto domino includerebbe anche il paese del cancelliere Merkel.

I tedeschi rimpiangono il marco e i risparmiatori sono arrabbiati per tassi bassi dalla Bce e i Bund ai minimi. La borsa tedesca si è fusa in tempi record con quella di Londra, quindi è pronta alla brexit. I sondaggi oscillano, adesso Brexit è in testa di dieci punti, è difficile prevedere come finirà, però, in ogni caso, l’Europa non sarà più la stessa, perché David Cameron ha rinegoziato tutti i trattati con Bruxelles, compreso l’obbligo di “una più stretta unione”. Perciò, qualsiasi risultato esca dalle urne, l’Europa nordica cambierà, forse si britannizzerà.

Se i partiti italiani sono divisi sulla brexit, sono però tutti antitedeschi. Da Grillo, a Salvini, a Renzi e Berlusconi, tutti sono convinti che la causa di tutti i nostri guai sia la Germania. Nell’ostilità per la Germania non c’entrano né la prima guerra mondiale, né la seconda, c’entra semmai il fallimento della scommessa su cui si fondava la prima repubblica. Com’è noto, il Regno del Sud firmò l’armistizio con gli anglo-americani nel ’43, e, per certi versi, essere stati sconfitti ed occupati dagli anglo-americani era stata una fortuna, come fanno notare spesso storici giapponesi che ricordano come dopo Hiroshima furono grati agli americani per avere impedito ai russi di occupare il Giappone.

Con un’occupazione sovietica, il Giappone non si sarebbe modernizzato così velocemente, né avrebbe avuto una democrazia di tipo occidentale. Avrebbe dovuto attendere decenni per riunificarsi, come la Germania. L’Italia, che aveva avuto la fortuna di essere occupata dagli anglo-americani, ebbe l’alzata di ingegno di andare a chiamare i russi nel gennaio del 1944 con la famosa missione Prunas. Questa operazione è ricordata come una prova della nostra capacità diplomatica, ma in realtà, offrire spazio politico ai sovietici comportò non solo il rientro in Italia del partito comunista, ma un clamoroso errore politico.

Secondo la vulgata, Prunas fu inviato a Mosca a offrire spazio politico in Italia a dispetto di britannici e americani, perché si voleva evitare al Paese qualche anno di occupazione anglo-americana, come accadde al Giappone. Alla base del nuovo rapporto con Mosca, alle spalle degli Alleati, c’era però un altro obiettivo. Prevedendo che alla fine della guerra, tra America e Russia sarebbe scoppiata la “guerra fredda”, l’Italia decise di giostrarsi il futuro barcamenandosi tra russi e americani. La Bulgaria della Nato, come Baget Bozzo definiva l’Italia per le concessioni fatte agli americani, operava però con grande disinvoltura nel Mediterraneo, alleandosi con gli amici dell’Unione Sovietica.

Anche se Sigonella dimostrò quanto gli Stati Uniti fossero irritati dai comportamenti italiani, la prima repubblica fondava la sua sicurezza sulla convinzione che la Germania non si sarebbe mai riunificata o, se si fosse riunificata, sarebbe stata alleata dell’Unione Sovietica.

Nel 1965 Bobbio riteneva la Germania destinata per secoli a essere divisa e per queste ragioni la Resistenza ha assunto un ruolo tanto importante nella storia italiana. In realtà, poi, accadde ciò che l’Italia non aveva mai considerato: la Germania si riunificò velocemente per volontà americana, finì l’Unione Sovietica e l’Armata Rossa si ritirò dai paesi dei Balcani che entrarono nell’Ue e nella Nato. Con la riunificazione tedesca e la fine dell’Urss l’Italia diventò quasi irrilevante, perfino per la posizione geografica.

Non era più indispensabile, perché anche i paesi Balcani sono sul Mediterraneo e perché gli americani hanno ormai molte basi in Africa e in Medio Oriente. Nel 1990 in un convegno della sinistra europea, Napolitano accusò Kohl di avere forzato i tempi dell’integrazione tedesca; altri temevano le conseguenze che l’egemonia americana avrebbe potuto avere nella nostra politica interna. Mani Pulite fu considerata spesso un complotto americano e tedesco, oltre che comunista, perché il Pci uscì indenne da Tangentopoli.

Tutti i problemi finiscono, però, per essere riportati alla riunificazione tedesca, che ruppe l’incanto della prima repubblica. In realtà, i problemi italiani derivano da scelte politiche ed economiche errate, come appunto andare a chiamare i russi nel ’44. Questo trauma per la scommessa fallita, si riflette nel nostro rapporto con la Germania, ma anche con la Francia, da cui non ci sentiamo presi in considerazione per il nostro reale valore.

Insomma, per un mix di vittimismo e fatalismo, finiamo per attribuire i nostri guai alla mancanza di fortuna. Per questo, la maggior parte dei media italiani è antitedesca, ma è terrorizzata da Brexit, né sa come reagire nel caso il Regno Unito abbandoni l’Europa, e questo è il segno più preoccupante dello stato del Paese.