Chi ci guadagna e chi ci perde con la scelta del cognome

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Chi ci guadagna e chi ci perde con la scelta del cognome

29 Maggio 2009

Dura la vita per i liberal-conservatori se a rinfacciarsi è l’eterno dilemma tra tradizione e libertà. Stavolta sul banco degli imputati è andato niente meno che il cognome, una delle poche cose certe che ci erano rimaste della nostra vecchia identità. Derubricato come retrò il sesso maschile e femminile, abbandonata la vetusta storia di dare ai figli il nome del nonno e della nonna, superato ormai da tempo quel concetto tradizionale di famiglia per cui a scuola si poteva imparare anche la poesia dedicata al papà oltre a quella della mamma, ora – almeno a dar conto di una sentenza della Cassazione di qualche giorno fa – i giovani diciottenni potrebbero scegliere in tutta libertà se portare il cognome di papà o mamma con buona pace delle ultime femministe combattenti rimaste, ma non solo.

Se fosse una questione puramente ideologica e se la scelta fosse dettata semplicemente dal fatto che è l’Europa a chiedercelo, non avremmo dubbi su da che parte stare: la tradizione. È vero, però, che in tempo di provette e famiglie allargate, la picconata all’ultimo baluardo di patriarcato rimasto – sopravvissuto di quel diritto di famiglia che ormai da più di trent’anni non esiste più – per molti può avere il senso di restituire attraverso un cognome una identità, qualunque essa sia. E questo a dimostrazione del fatto che neanche noi sappiamo troppo chiaramente che parte prendere in questa storia.

Una cosa però ci appare assolutamente chiara. E ci viene fornita direttamente dalla politica. Perché, si racconta, che in Commissione giustizia della Camera del doppio cognome si sta già dibattendo da tempo, nel tentativo di arrivare ad un testo unico che faccia da sintesi condivisa alle varie proposte presentate finora. La questione è non tanto se assegnare entrambi i cognomi ai figli – fatto su cui incredibilmente sembra ci sia un accordo bipartisan – ma riguarda aspetti più specifici. L’ordine con cui assegnare quel cognome: se in ordine alfabetico, o prima quello del padre e poi quello della madre; a chi spetta la titolarità della scelta: se a entrambi i genitori, ad uno di essi o al diretto interessato; in quale momento poter far valere la regola del doppio cognome… eccetera, eccetera, eccetera.

Quel che in questa storia ci appare assolutamente chiaro, appunto, è che con tante questioni di cui dovrebbe dibattere un parlamento a detta di tutti intasato e pachidermico nel suo esercizio legislativo la storia del cognome sembra davvero di poco conto. Tranne che per Alessandra Mussolini, naturalmente, che tanto si è spesa per la causa. Con un cognome così fatale chiunque avrebbe fatto di una questione personale una questione di stato.