Chi è Oprah Winfrey, la grande accusatrice della giustizia made in Italy
28 Febbraio 2010
Giovanna Botteri, la corrispondente del TG3 dagli Stati Uniti, è stata probabilmente la prima a parlarne nel corso della puntata di Linea Notte, l’approfondimento quotidiano condotto da Maurizio Mannoni, del 23 febbraio. Oltreoceano, infatti, era appena andato in onda lo show, popolarissimo, On Air: The Oprah Winfrey Show, dove l’altrettanto popolare oltre che spregiudicata conduttrice, ideatrice, insomma dea ex machina Oprah Winfrey ha scatenato un vero e proprio processo contro la magistratura e i media italiani rei, secondo lei, di avere con colpevole leggerezza condannato senza prove a 26 anni di carcere Amanda Knox per l’assassinio di Meredith Kercher. Alla faccia dell’equidistanza professionale e della par condicio, la Winfrey ha portato in studio solo i genitori di Amanda e ha costruito un controprocesso propagandistico di portata colossale, mentre il pubblico televisivo italiano cercava, ma senza successo, di divinare dal suo resoconto dei fatti impenetrabilmente cronachistico cosa la Botteri pensasse di tutta questa farsa. Sì, farsa: perché accusare i media italiani di avere anzitempo sbattuto il mostro in prima pagina e piegato la magistratura al proprio volere imbastendo uno speculare e malizioso processo tivù alla Aldo Biscardi attiene davvero al genere letterario delle farse.
Ora, se Amanda sia stata condannata ingiustamente o no né la Winfrey né noi lo possiamo sapere. Noi però dobbiamo attenerci a quanto la magistratura italiana ha stabilito, cosa, questa, che deve fare anche la Winfrey al posto d’irretire il proprio pubblico televisivo d’Oltrecoeano. E la magistratura italiana può certamente sbagliare, ma essa, così come una persona è sempre innocente fino a prova contraria, resta nel giusto allorché assolve o condanna fino a quando e se essa stessa, per competenza, non dimostra il contrario. Né la Winfrey né noi né tantomeno il pubblico televisivo statunitense che ha assistito al popolare show della popolare conduttrice possiamo sapere se Amanda sia stata condannata ingiustamente o no, quindi dobbiamo ritenere nel giusto la magistratura italiana che ha emesso la sentenza di colpevolezza fino a quando e se essa stessa, appunto per competenza, non dimostrasse il contrario.
Definisco “irretito” dalla Winfrey il pubblico televisivo statunitense che l’alto giorno ha assistito al popolare show perché null’altro è se non questo l’insieme ammassato di una congerie eterogenea e impreparata e non esperta dei fatti e lontana mille miglia dall’accaduto di persone che, Pringles in mano e bibita a fianco, giusto il tempo di fare rifornimento tra uno spot e l’altro, è stato violentato da un’abile manipolatrice di sentimenti e di potenze umane, mobilitabili nobilmente davvero per migliori cause, la quale si è data più che campo libero nel condurre una galoppata senza freni lungo un percorso che aveva già deciso di seguire onde giungere a una meta che premeditatamente aveva scelto di toccare.
Da queste stesse pagine abbiamo già avuto occasione di rubricare le temerarie parole pronunciate dal Segretario di Stato Hillary Clinton sul caso Knox alla voce “politica estera” (Lady Clinton con cui invece concordiamo, davvero al di sopra di ogni sospetto, sulla libertà assoluta in Internet). Ora pensiamo sia opportuno aggiungervi un tassello.
Che il pubblico televisivo americano reagisca con uno scatto di orgoglio patriottico di fronte alla pesante condanna subita da Amanda in Italia è logico, psicologicamente comprensibile, persino culturalmente accettabile, tra l’altro proprio perché l’azione agit-prop della Winfrey, che a questo mirava, ha certamente sortito il suo effetto. E in più perché quando il legittimo patriottismo s’intorbidisce del veleno del nazionalismo, la mente delle persone non ragiona più, gli occhi non vedono, le orecchie non sentono. In Italia palpitano ancora i cuori per Ferdinando Nicola Sacco (1891-1927) e Bartolomeo Vanzetti (1888-1927) finiti sulla sedia elettrica negli Stati Uniti, figuriamoci cosa pensano gli americani della giovane e carina Amanda.
La questione, infatti, è molto meno il pubblico televisivo statunitense, che culturalmente assolviamo subito, che problema c’è, per dabbenaggine reiterata, quanto più la star del piccolo schermo, M.me Oprah Winfrey.
Ché Oprah Winfrey non è una verginella di primo pelo caduta vittima dei propri stessi sentimenti.
Oprah Gail Winfrey, classe 1954, di Kosciusko, Mississippi, è detta la regina dei talk show statunitensi, ma soprattutto è stata fino a poco tempo fa l’unica miliardaria nera del mondo intero, titolo rimpiazzato oggi da quello di afro-americana più ricca del secolo XX. Miliardaria Oprah lo è diventata a 32 anni quando il suo show è diventato di respiro nazionale. Si tratta solo di uno show? Perché noi siamo di quelli che pensano che la ricchezza sia un gran bene perché può far del gran bene, ma pensiamo anche che la filantropa Winfrey (Oprah è infatti ben nota per la sua filantropia), la quale la pensa in un determinato e riconoscibile modo, i propri denari sappia e voglia investirli bene, non certo sprecarli. E che quindi quando decide di mandare in onda una puntata tanto a senso unico, tanto irriducibile, tanto schierata come quella di martedì 23 febbraio una sua agenda ella l’abbia davvero.
Del passato difficilissimo di Oprah non scriviamo un rigo, perché non siamo sciacalli e non vogliamo speculare sul nulla. Rispettiamo i suoi dolori e le sue traversie.
Ma del presente invece sì che scriviamo. Del suo presente, 2006, che la vide fra i primissimi supporter di Barack Hussein Obama quando ancora il senatore era Mr. Who? scriviamo sì. Dei voti, si dice più di un milione, che ella ha portato a Obama durante le primarie Democratiche del 2008 attraverso il suo show scriviamo sì. Del fatto che per ringraziarla il governatore Democratico dell’Illinois, Milorad “Rod” Blagojevich, ha pensato di offrirle il seggio al Senato lasciato libero dall’Obama divenuto presidente scriviamo sì. Del fatto che tivù, cinema e tutto l’entertainment non abbiano per lei oramai più alcun segreto, va bene, ma che da sempre ella li usi come strumento politico d’indirizzamento delle masse scriviamo sì. Del fatto che i suoi compagni, letteralmente, di avventure e cammino siano i personaggi più liberal e progressisti della scena scriviamo sì. Del suo essere animalista e new-ager scriviamo sì. Del fatto che Oprah sia considerata una guru, una leader spirituale, la dea della religione fai-da-te che già viene chiamata “Oprahism” scriviamo sì.
E dopo averlo scritto, ci domandiamo: a che gioco gioca Oprah Winfrey? Gioca da solo, in coppia, o addirittura in gruppo? Tutta farina del suo sacco o servizio segreto di sua maestà? Grancassa della politica estera orchestrata da Lady Clinton e benedetta da Mr. Obama?
Non è che forse gli Stati Uniti, questi Stati Uniti, vogliano guastare la digestione all’Italia, a questa Italia, magari per passate conviviali relazioni allorché alla Casa Bianca sedeva altro presidente, una delle famose tre “B” che avevano un minimo senso della nobiltà dell’Occidente?
Oppure Oprah è solo l’ennesima testimonial di un bovino senso del populismo della peggior specie, consumato sulle spalle della gente per vanagloria personale? Del resto, non sapremmo proprio quale delle due opzioni giudicare peggiore, visto peraltro che, nel mondo di oggi, qualcuno le ha avvistate spesso passeggiare una a braccetto dell’altra.
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