«Chi ha a cuore il civismo si batte contro la riforma Renzi»

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«Chi ha a cuore il civismo si batte contro la riforma Renzi»

11 Settembre 2016

Continua il nostro giro di interviste con gli amministratori locali che si sono schierati per il NO al referendum costituzionale. Ne parliamo con Raffaele Latrofa, consigliere comunale a Pisa e fondatore della lista civica “Pisa nel cuore”.

Che giudizio dà della riforma costituzionale e della campagna referendaria di Renzi?

Iniziamo mettendo a fuoco il quadro politico generale: e cioè in primo luogo il metodo con cui si è arrivati alla riforma, compresa la frettolosa imposizione del voto di fiducia; poi il carattere divisivo e l’uso polemico, personalistico, che Matteo Renzi ha fatto di una cosa estremamente seria e impegnativa per la tenuta di tutta la Nazione, come dovrebbe essere una riforma della costituzione.

Scendiamo nel dettaglio…

Mi colpisce la farraginosità della cosiddetta abolizione del Senato, che in realtà sopravvive come “dopolavoro” di sindaci e consiglieri regionali, i quali dovranno andare su e giù, non si capisce bene con quale aderenza alle problematiche nazionali che inevitabilmente il Senato andrà ad affrontare, anche se con modalità diverse dal passato. Sempre riguardo al “superamento” del bicameralismo, la riforma non assicura la semplificazione legislativa, perché in vari casi il percorso delle leggi e l’attribuzione delle competenze non vengono definiti in modo lineare.

Come amministratore comunale e fondatore di una lista civica, che ne pensa di questo ritorno dello Stato accentratore?

E’ una questione che mi sta molto a cuore, e che determina in modo netto la mia posizione a favore del NO. Il ritorno al centralismo è un aspetto della riforma che sulle vostre pagine è stato criticato da numerosi amministratori, primo fra tutti l’amico Antonfrancesco Vivarelli Colonna (il sindaco di Grosseto, ndr). Se pensiamo che tutta la tradizione del movimento che chiamiamo liberal-popolare è basata sul civismo, sull’autonomia delle realtà territoriali, sulla prevalenza del principio di sussidiarietà, e se aggiungiamo che questo è il cuore della tradizione del cattolicesimo politico e che il federalismo e l’autonomia costituiscono il motivo centrale che ha animato anche il miglior leghismo, dobbiamo dire che la riforma Renzi-Boschi ne rappresenta una negazione radicale.

Che succederebbe se al referendum vincesse il Sì?

Rafforzando il centralismo dello stato, verrebbe meno il sano principio di responsabilità che vuole l’ente titolare dell’imposta vicino a chi la paga, in modo da poterne verificare la congruità e l’utilità. 

Perché votare NO?

Ci sono una serie di ragioni sostanziali che spingono verso il NO: non si tratta di piegare il referendum costituzionale a una scelta politica occasionale, ma di respingere una riforma maldestra e dannosa, per porre le basi di riforme più serie ed efficaci. Uno degli argomenti principali dei sostenitori del Sì è che non possiamo permetterci di bocciare una riforma che, benché imperfetta, procede nella direzione giusta. Come promotori dei comitati civici del NO, dobbiamo spiegare in tutti i modi ai cittadini due cose molto chiare: non siamo dei sostenitori dello status quo a tutti i costi, ma se non fermiamo questa riforma, questo pasticcio, per molto tempo non potremo più sperare di farne di buone.