Chi ha paura della Convenzione

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Chi ha paura della Convenzione

03 Maggio 2013

Scoppia la polemica sulla Convenzione per le riforme, con un non troppo inedito asse tra Renzi e Fassina che dicono no a Berlusconi alla guida della nuova "Commissione dei 75". Secondo il Sindaco d’Italia "non si può trasformare Berlusconi in un Padre Costituente". Il ministro per le riforme Quagliariello media e intanto lavora con il premier Letta per modificare i regolamenti parlamentari e dare una corsia preferenziale ai provvedimenti più urgenti ("a data fissa").

Ma al di là dei giovani leoni del Pd nella sinistra dei giornali e in quella universitaria  è tutto un fiorire di posizioni scettiche, distinguo e critiche aperte all’idea della Convenzione. L’accusa è più o meno quella di voler "esautorare" il parlamento, come denuncia Lucia Annunziata che prefigura un doppio schema, governo "leggero" per gestire l’ordinaria amministrazione e Convenzione "forte" per le riforme (presidenzialismo/premierato, riforma della giustizia, costi della politica). Una idea "elitaria", secondo la direttora dell’Huffington.

Ci è andato giù pesante anche il professor Canfora, "Non si può creare una Convenzione dentro un parlamento", rimembrando lo scontro finale tra montagnardi e girondini (anche se non è chiaro chi nella situazione politica attuale interpreterebbe cosa) e spiegando che proprio la Convenzione segnò l’inizio della Rivoluzione Francese. Ma ragioniamoci un attimo. Nello schema previsto dalla Relazione dei Saggi sulle riforme istituzionali in realtà la Convenzione non è quel mostro autoritario capace di travolgere gli assetti istituzionali e muoversi come un pachiderma sulla macerie della Costituzione.

Primo, i lavori della Convenzione partiranno probabilmente sulla base di una mozione incrociata, presentata cioè da Camera e Senato con lo stesso testo, quindi il punto di partenza è proprio il Parlamento. Secondo, vi prenderanno parte tutti i partiti dell’arco costituzionale. Terzo, per darle un potere "redigente" servirà una legge costituzionale. Quarto, il referendum. Insomma questa paura di vedere spodestato il Parlamento è un altro segnale di nervosismo degli intellos di sinistra.

Che fa il paio con la febbre alta che viene ai giovani leoni del Pd quando sentono nominare Berlusconi, guardano i sondaggi, e gli vengono i brividi pensando a cosa potrebbe accadere se dalla Convenzione uscisse davvero quella riforma in senso semipresidenziale di cui si parla.