Chi ha paura delle primarie del Pdl (e gufa)

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Chi ha paura delle primarie del Pdl (e gufa)

21 Novembre 2012

Fuoco amico e fuoco nemico. Target: le primarie del Pdl. Primo paradosso: la novità che apre la fase del post-berlusconismo è osteggiata dall’interno (candidati e non) e da chi, dall’esterno (giornali blasonati, quotidiani d’area e avversari politici), ha tutto l’interesse a dimostrare che il Pdl dell’era Alfano è soltanto un castello costruito sulla sabbia e, come tale, destinato alla dissoluzione. Insomma: protagonisti diversi, stesso obiettivo.

E nel parterre degli sfascisti in servizio permanente effettivo c’è pure la categoria dei ‘gufi’. Di quelli, cioè, che si appellano ai tecnicismi organizzativi per dire che non si può fare, che non c’è tempo a sufficienza per rendere la macchina efficiente. Per questo, meglio neanche metterla in moto. Secondo paradosso: si tenta di impallinare una normalissima regola democratica che perfino un partito come il Pdl, nato e cresciuto a pane e carisma del leader, oggi sceglie come strumento per andare oltre, rinnovarsi dal basso, coinvolgere gente e territori. 

Fuoco amico. Berlusconi e i suoi pretoriani: il primo non ha mai fatto mistero (in privato e in pubblico come avvenuto nell’ultimo ‘parlamentino’ del partito) di non crederci, tentando peraltro una reiterata moral suasion su Alfano, salvo poi prendere atto di essere finito in minoranza nel partito che lui stesso ha fondato. Segno evidente che il nuovo corso tracciato dal giovane segretario e il gruppo dirigente che sta con lui, è un processo ormai irreversibile. I pretoriani del Cav. sparano a palle incatenate un giorno sì e l’altro pure, meglio se direttamente sui giornali, che fa figo e fa più colpo.

E i giornali d’area? Idem con patate, basta leggere l’editoriale di Sallusti (oggi) sul Giornale dal titolo eloquente: “Il Pdl fermi la giostra delle primarie”. Ma pure il moderatissimo Massimo Franco dalle colonne del Corsera scatta la foto di un Pdl allo sbando-primarie. Insomma: oggi a leggere i giornali c’era davvero da restare basiti per come, dentro e fuori il Pdl, si mitragliavano le primarie. E pensare che il Pd ha fatto primarie di tutti i tipi e per tutte le stagioni: da quelle ‘sovietiche’ per incoronare Prodi a quelle della debàcle a Napoli, Milano e in Puglia. Oggi che, seppure con le regole delle regole per regolarizzare la regola del vincitore in pectore (Bersani), tutti – da destra e da sinistra – parlano e pontificano su primarie nuove e vere. Perché, allora non dovrebbe essere così anche per quelle del Pdl? E perché se le primarie sono utili come sono, nel Pdl diventano un assurdo assalto alla diligenza? 

Si può essere con o contro ma il dato oggettivo è uno:  seppure acciaccato dai consensi in caduta, il Pdl è un partito oggi sondato al 15 per cento (base minima) ma con buone possibilità di risalita; è un partito che ha classe dirigente, base e territorio. E’ un partito che discute, che litiga pure, ma che è vivo e vegeto, ancora capace di mobilitare la gente di centrodestra. E che adesso si mette in gioco, come ha fatto Alfano, nel modo più semplice e democratico del mondo: elettori e simpatizzanti votano il candidato premier sulla base di ciò che ciascuno dei competitor sarà in grado di dire e di fare su idee e contenuti. E da questo punto di vista la frase di Alfano “Sarà una gara di idee, non una fiera delle vanità” rende bene il senso della sfida che in primis, proprio lui il giovane segretario ha lanciato mettendoci la faccia. Ora, di fronte a ciò, come si può pensare  – e qui sta il giochino dei ‘gufi’ – che il problema sarà raccogliere i voti, cioè portare la gente alle urne delle primarie? 

Fuoco nemico. Se la partita, come sembra, si sta giocando nella ricostituenda area dei moderati, è chiaro che l’operazione Alfano-Pdl non va troppo giù ai centristi di Casini, già alle prese con la minaccia (politica) dei montezemoliani-Todi2, che rischia di restare col cerino ‘dei piedi in due staffe’ in mano. Oltre a chi nella stessa area, vorrebbe un Pdl dilaniato per poi andarsi a prendere i pezzi. 

Il punto vero è un altro e lo spiega bene un dirigente di via dell’Umiltà quando dice che “le primarie si faranno perché il nostro è un partito che deve ripartire dal dibattito, dalle idee, dalle proposte”. E al ragionamento aggiunge una postilla interessante: il tema non sono i candidati – possono essere 11 o 32 ma poi ci sono le firme da raccogliere e vedremo chi ne sarà capace -, bensì il confronto delle idee e della capacità di coinvolgere la gente attorno a una proposta politica credibile, innovativa ma al tempo stesso identitaria e ancorata ai valori di riferimento del partito. 

Forse, è proprio per questo che c’è chi ha paura delle primarie Pdl: tra qualche candidato, tra i non candidati e tra i ‘gufi’.