Chi ha paura di Laudati?
16 Aprile 2011
di M.M.
In tempi di strane coincidenze tra vicende giudiziarie e questioni politiche, la notizia dell’apertura da parte dell’ufficio di presidenza del Csm di un fascicolo sul procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, lascia spazio a qualche congettura.
I fatti, riassumendoli brevemente, sono questi: nelle scorse settimane un dettagliato esposto anonimo (accompagnato da un articolo giornalistico) denuncia la partecipazione di Nichi Vendola al convegno "Organizzare la giustizia", promosso e organizzato da Laudati a Bari dal 29 al 30 ottobre scorso, denuncia motivata dal fatto che al tempo il governatore della Puglia era indagato per concussione dalla stessa procura barese al cui capo c’è Laudati nell’ambito dell’indagine sulla gestione della sanità, la stessa che ha portato alla richiesta d’arresto per il senatore del Pd Alberto Tedesco. Per Vendola l’archiviazione era già stata chiesta dalla procura prima del convegno ma, di fatto, il gip l’ha disposta solo successivamente, il 24 febbraio scorso. Nessuno scandalo sin qui, se non fosse che la Regione – amministrata da Vendola- è tra gli enti locali che hanno finanziato l’evento, insieme alla Provincia e al Comune di Bari. Tanto è bastato per far scattare la denuncia e per dare avvio all’apertura automatica della pratica.
Al di là del merito della questione, su cui si pronuncerà il Csm valutando se disporre ulteriori verifiche e approfondimenti oppure se archiviare il tutto, si possono provare a fare delle congetture sul movente che ha spinto qualcuno a tirare fuori dal nulla tutta questa vicenda. In effetti, gli elementi per lavorare di fantasia (e di malizia) sono molti e altrettanti sono i retroscena che consentirebbero di imbastire una storia surreale, ma forse neanche troppo. Innanzitutto, ci troviamo di fronte ad un fascicolo che viene aperto a seguito di un esposto anonimo: già qui avremmo buoni estremi per avanzare ipotesi cospirazioniste di ogni tipo. Oltretutto c’è un altro elemento, la natura dettagliata dell’esposto, che desta non poche perplessità e che lascia subito spazio a interpretazioni maligne. Insomma, già il combinato disposto di questi due elementi basterebbe a tenere in piedi la trama secondo cui l’autore dell’esposto, essendo una persona così ben informata dei fatti e volendo restare nell’anonimato, magari potrebbe provenire proprio da ambienti interni alla procura. Come recita il detto andreottiano, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Se due indizi non fanno una prova né bastano a imbastire una storia, tre costruiscono già una base più solida per avanzare un’ipotesi: in questo caso, il terzo elemento cruciale sarebbe il contesto in cui tutta questa vicenda si sta svolgendo, e cioè la procura di Bari.
Fino all’arrivo di Laudati c’è stato un rapporto che non è né esagerato né infondato definire patologico tra politica e giustizia nella procura barese. Per anni è esistita una sorta di porta girevole (con uscita sempre a sinistra) tra la procura e il Palazzo. Alberto Maritati, oggi senatore Pd, è stato pm a Bari e nel 1995 chiese e ottenne il proscioglimento di Massimo D’Alema, accusato di aver ottenuto un finanziamento illecito per il Pci; da allora nacque una grande amicizia , che guarda caso lo ha portato sia in Parlamento che nel governo come sottosegretario. Ma anche Michele Emiliano, attualmente sindaco di Bari eletto con il Pd, un tempo è stato pm nella stessa città indagando, nel 1999, sugli sperperi della "missione arcobaleno" per aiutare i profughi del Kosovo: promise di far pulizia, ma alla fine chiese l’archiviazione. Guarda caso, anche stavolta l’inchiesta coinvolgeva D’Alema, che in quegli anni era presidente del Consiglio e che successivamente avrebbe sponsorizzato Emiliano facendone uno dei suoi protetti. Anche Gianrico Carofiglio, attualmente senatore del Pd, è passato prima per la procura di Bari e come lui anche l’assessore regionale all’ambiente in quota Idv Lorenzo Nicastro, che in passato aveva indagato su Fitto e sulla Giunta Vendola. Sono tutti esempi dello stretto rapporto tra politica e giustizia che per anni ha governato l’andamento della procura barese e in qualche modo, chissà, anche lo svolgimento delle attività giudiziarie. Al di là della malizia e dei cattivi pensieri, resta il fatto che certe "casualità" esistono e che dimostrano con evidenza una realtà che solo l’ipocrisia può avere la presunzione di nascondere.
Questo sistema di gestione della procura barese è andato avanti indisturbato fino all’arrivo di Laudati, che ha scardinato le vecchie logiche facendo uno sforzo serio per ricondurre il rapporto tra giustizia e politica alla normale fisiologia. Il che ha significato restaurare il sacrosanto principio secondo cui la magistratura controlla che chi gestisce la cosa pubblica non ne approfitti, ma lo fa come attività ordinaria e non in funzione del circolo mediatico-giudiziario né tantomeno per motivi politici. Insomma, un sistema ben diverso dallo stretto giro di magistrati e avvocati che a lungo hanno amministrato a Bari la giustizia, garantendo pace e copertura a determinati soggetti, politici e non. Un’amministrazione della giustizia senza doppi fini e che non ha fatto sconti a nessuno, proprio come dovrebbe essere e come troppo spesso, in Italia, non è. Un modello da imitare per chi crede in una giustizia giusta anziché ad orologeria, ma allo stesso tempo un modello da abbattere per chi stava meglio quando si stava peggio. Ecco il terzo indizio, che da manuale dovrebbe fare la prova, ma che nel nostro caso utilizzeremo soltanto per porre una domanda che contiene in sé la congettura: chi potrebbe avere i mezzi per reperire informazioni così dettagliate e l’interesse, personale o politico che sia, per usarle in un esposto anonimo contro Laudati?