Chi ha paura di Renato Brunetta? Cronache di una curiosa campagna elettorale
06 Settembre 2022
In una campagna elettorale come l’attuale, breve e concitata, dove la competizione risulta feroce non solo tra le coalizioni contrapposte ma tra le singole coalizioni ed i cosiddetti terzi e quarti poli e via “cespugliando” ed all’interno delle coalizioni anche tra i partiti che le compongono al contempo alleati e “competitor”, emerge una curiosa anomalia. Anomalia data dall’in-“spiegabile” attenzione mediatica nei confronti del Ministro Professor Renato Brunetta.
Posizione coerente con il senso e la struttura di un grande servitore dello Stato e di persona leale nel comportamento e nell’azione ai valori del perimetro politico di appartenenza.
Sembrava quindi un discorso chiuso relativo ad un Ministro a fine corsa fuori dal gioco delle candidature e, per sua ammissione esplicita, tornato alla mai abbandonata vocazione e professione di docente universitario.
Posizione peraltro ribadita nella apprezzata partecipazione del Ministro Brunetta al recente Forum Ambrosetti.
Questa apparente “quiete” viene interrotta da articoli ed interviste, apparentemente non collegati, miranti da una parte ad una rappresentazione del Ministro Brunetta “pittoresca” se non grottesca e dall’altra, forse anche per un involontario “lapsus calami”, ad attribuire al Ministro Brunetta stesso un ruolo “agente” relativamente alla caduta del Governo Berlusconi del 2011.
Il tutto nell’assenza di ogni riscontro oggettivo in spregio al principio per cui “onus probandi incumbit ei qui dicit” e cioè che su colui che fa un’affermazione grava il dovere giuridico di provarla. Nè può essere di esenzione l’utilizzo di locuzioni quali “si dice che…”, “…pare che…”.
L’utilizzo del “pare che” si risolve cioè in una astratta e non consentita inversione, in chiave dialettica, dell’onere della prova cercando di sfruttare in modo surrettizio il principio per cui “notoria non egent probationem” e cioè che i fatti noti non hanno bisogno di prova ulteriore.
Ma deve trattarsi di fatti noti e verificati per i quali diventa inutile anche il principio di “falsificazione” essendo la loro autenticità definitivamente accertata.
Anche l’affermazione, riportata dagli organi di stampa, sul Ministro Brunetta come materiale redattore della lettera di Mario Draghi (circostanza peraltro seccamente e definitivamente smentita dallo stesso Ministro Brunetta) rimane soggetta allo stesso principio dell’onere della prova.
Se si è a conoscenza e si può provare quanto affermato lo si faccia: indicando le fonti di prova, le circostanza e quanto altro utile a supporto della affermazione.
Tale principio dell’onere della prova non è stato mai disatteso come dovere giuridico e morale financo nel processo inquisitorio alle streghe (mero simulacro formale di procedimento giuridico ad esito preordinato) dove l’inquisitore attraverso lo strumento della tortura minacciata e/o praticata doveva comunque arrivare alla confessione di colpevolezza dell’inquisita quale prova regina a sostegno dell’accusa di colpevolezza.
Ciò posto rimane l’interrogativo di fondo.
La figura politica di Renato Brunetta pone indubbiamente una serie di questioni politiche nel perimetro di centro destra che la coerenza e la dignità di comportamento del Ministro rendono di complessa soluzione.
Non essendosi candidato per sua espressa scelta con alcun partito diverso da quello appena lasciato non lo si può certo tacciare di essere un traditore nè un voltagabbana: anzi.
Esce di scena come Ministro autorevole di un Governo apprezzato dall’intera Europa e dal mondo occidentale.
Ognuno può dare su Renato Brunetta quale Ministro il giudizio che crede ma, per onestà intellettuale, non gli si può non riconoscere di aver cercato di onorare la funzione al meglio delle sue possibilità animato da un sano e forte spirito repubblicano.
Ma forse al di là della riconosciuta non comune intelligenza, è forse proprio questo che spaventa.
Uno spirito repubblicano libero che con la sua presenza (o la sua assenza come si preferisce) costringe gli altri ad interrogarsi.
E, forse, a valutarsi.