Chi non salta moderato è
06 Giugno 2014
Tutto sta ad intendersi sulla parola moderati. Gli storici ci spiegano che l’Italia lo fu senz’altro durante la lunga stagione del potere democristiano e moderato è stato Silvio Berlusconi, anche se, alla fine della fiera, Forza Italia ha smarrito quel pedigree, tra fascinazioni euroscettiche e un riformismo orientato in base alle convenienze del momento. Del resto è troppo facile dirsi moderati e poi cedere agli interessi personali, al sensazionalismo della stampa (di famiglia), alle allergie verso il dissenso, al carrierismo che si fa scudo della cieca ubbidienza. Finisce che i moderati, quelli veri, ti puniscono. A milioni.
Sembra che Renzi abbia intercettato parte di questo elettorato deluso e scontento – in realtà meno di quanto si pensi – ma nel "partito della nazione" idealizzato dal premier le tensioni e le contraddizioni sono state solo zittite dal successo inaspettato di Matteo il rottamatore. Tornando al centrodestra, si dicono moderati i fautori delle dinastie, quelli fulminati sulla via delle primarie, quelli che pesano le preferenze, c’è un moderatismo figlio del particolarismo localistico e uno tentato dalla subordinazione alla tecnica. Tutti usano e abusano della parolina magica ma prima della sfida per la leadership c’è la battaglia delle idee e allora che vuol dire esser moderati non solo a parole ma nei fatti?
Prendiamo un esempio a caso, l’ambiente, il riscaldamento climatico e blablabla. Innegabilmente negli ultimi anni l’elettorato italiano è diventato più sensibile ed informato su temi del genere ed in minima parte esercita il suo voto di conseguenza. Ebbene, nel mainstream conservatore ormai si è radicata l’idea che gli allarmi sul clima siano soltanto bubbole, che i limiti alle emissioni inquinanti, come dice il grillico Farage, rappresentino una delle tante e odiose imposizioni di Bruxelles al libero sviluppo delle economie nazionali. Il centrodestra tende a identificarsi con gli eretici che non credono più alle profezie dell’ONU sullo scioglimento dei ghiacciai laddove la sinistra ne è diventata il megafono neanche vivesse con gli esperti onusiani in cima all’Himalaya.
Aridaglie col bipolarismo muscolare, con lo scontro delle ideologie, con le manipolazioni che coinvolgono politica, media e sapere scientifico. Peccato però che il paradigma della scienza contemporanea sia saldamente quello della incertezza. Le cause del riscaldamento globale sono molte, un raggio solare se arrivasse troppo vicino alla terra potrebbe incenerirci, ma da qui a negare che l’industrialismo selvaggio e uno sviluppo tecnologico sregolato abbiano degli effetti sul clima significa chiudersi a riccio nella torre d’avorio della ortodossia. Su questa come su mille altre questioni non si tratta tanto di avere una buona dialettica bensì di essere pragmatici, dimostrando buonsenso, prudenza e accortezza. Invece di fare propaganda bisogna strappare il migliore compromesso possibile, senza snaturare il proprio universo di valori e di principi. Mediare è meglio di comandare almeno finché siamo in una democrazia avanzata. Sempre che l’Italia lo sia. (Avanzata, non ci buttiamo giù.)