Chi ricorda Mike Bongiorno solo come vittima del Cav. non gli rende merito

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Chi ricorda Mike Bongiorno solo come vittima del Cav. non gli rende merito

09 Settembre 2009

Pensare Mike Bongiorno, con la sua vita, con la sua carriera, con il suo significato non solo per la storia della televisione, ma per tutta la cultura nazionale, solo come l’ennesima vittima di Berlusconi, appare quanto meno un po’ riduttivo. Eppure, all’indomani della scomparsa del conduttore, c’è chi non trova di meglio che ricordarlo esclusivamente per le ultime vicende, legate alla separazione da Mediaset e al trasferimento in Sky: interpretandole, naturalmente, come il colpo di grazia sferrato da un ingrato Bruto a uno sbigottito Cesare. Le dichiarazioni rilasciate da Enrico Mentana alle agenzie fanno il paio con il commento di Gian Antonio Stella sul “Corriere”: in entrambi i casi, la parola d’ordine è una sola, ingratitudine.

Una sorta di effetto Montanelli, personaggio non a caso accostato in queste ore a Mike nei “coccodrilli”: per la longevità nel rispettivo campo professionale, certo, nonché per la comune, terribile esperienza della prigionia nazista. Ma dietro questi punti di contatto si nasconde il suggerimento che, come il grande Indro, anche Mike sia stato infine estromesso dagli ingranaggi di un potere mediatico nel quale non si riconosceva più, e che pure aveva contribuito in maniera significativa a erigere e a portare al successo.

Mediaset come Il Giornale: frutto non di una lodevole iniziativa imprenditoriale (e semmai, distinguendo dalemianamente creatore e creatura, accettabili solo se e quando alienati dal loro editore), ma dei benemeriti sforzi di due campioni, sfruttati e poi accantonati dall’avido padrone. E pazienza se Montanelli, prima di diventare un martire metaforico dell’antiberlusconismo, era stato una vittima reale del terrorismo rosso per le sue idee liberali e anticomuniste. E pazienza se Bongiorno, che si accinge a ereditarne il ruolo di compianto baluardo dell’Italia perbene contro il degrado escortista, era stato ferocemente bersagliato al momento dell’entrata in politica di Berlusconi per le sue dichiarazioni di appoggio alla discesa in campo del suo amico e editore.

Oggi tutti parlano di Sky, e nessuno si perita di ricordare quei momenti, ancora liberi dagli insensati laccioli della par condicio, in cui Mike, insieme a molti personaggi famosi della TV e non solo, si schierò apertamente con l’attuale premier: lui come gli altri, immediatamente bollati come servi prezzolati e sciocchi del padrone. Tanto rapida quella bollatura, tanto repentina oggi la riabilitazione per chi in seguito si sia distinto, o abbia dato l’impressione di volerlo fare: andando, volente o nolente, ad ingrossare le fila delle vittime del berlusconismo. Ma se proprio si volesse leggere quell’ultimo appello di Mike a Silvio, “chiamami, chiamami”, si dovrebbe leggerlo come l’ennesima dichiarazione di affetto; e se si volesse interpretare la scelta del menu della cena che, la sera dopo, Silvio offrì a Mike a casa sua, non si potrebbe che sorridere pensando al minestrone caldo, di fronte al quale due vecchi amici, come due familiari, si riposano dalle insensate schermaglie della notorietà.