Chissà se Fini ricorda quando definiva metastasi le correnti interne ad An?

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Chissà se Fini ricorda quando definiva metastasi le correnti interne ad An?

Chissà se Fini ricorda quando definiva metastasi le correnti interne ad An?

23 Aprile 2010

Che cosa sono le correnti all’interno di un partito? ”Una metastasi che rischia di distruggere il corpo del partito”. I giornalisti seguono solo in videoconferenza la relazione con cui Fini lancia il guanto della sfida ai colonnelli. Chiede la fiducia e dice che, se la avrà, vuole ”governare il partito senza le correnti”. Fini, con atto di imperio, incorona poi Altero Matteoli responsabile dell’organizzazione del partito, ignorando gli appelli degli altri colonnelli che si erano messi di traverso.

Maniche di camicia, poche concessioni e toni sprezzanti, per due ore Fini picchia duro sulla sua classe dirigente. Ma poi la invita a non dividersi in maggioranza ed opposizione: ”Mancano undici mesi alle elezioni – ammonisce – dopo ci sarà un congresso. Ma ora non serve dividersi”. Il protagonista è Gianfranco Fini. Il suo ruolo è quello di presidente di Alleanza nazionale. La circostanza: l’assemblea nazionale del partito, a Roma, all’hotel Ergife, palazzone con  skyline tipica del socialismo reale.

Da allora sono passati quasi sei anni. Non c’è più Alleanza nazionale, i colonnelli si sono strappati i gradi, ma indossano altre mostrine. Fini non è più segretario di An, per la ragione che An non c’è più, ma è presidente della Camera dei Deputati. Siede sullo scranno più alto di Montecitorio, carica tradizionalmente super partes e, dal 1976, assegnata dalla Dc a un esponente dell’opposizione comunista. Presidenti di Montecitorio sono stati Pietro Ingrao, Nilde Iotti, Giorgio Napolitano e, in epoca maggioritaria, Luciano Violante.

Fini ha contribuito a fondare il Popolo della Libertà. Per uno di quei capricci linguistici partoriti dal galateo della politica che vuole sempre più lunga la tavola imbandita, si è ritrovato a essere co-fondatore della cui nascita si è pentito.

Gianfranco Fini ha i problemi tipici di tutti i segretari di partito. Lui ne ha aggiunto un altro: mai era accaduto che un segretario di partito si dimettesse dal partito per diventare presidente super partes di un ramo del Parlamento. Un errore di valutazione di Fini, mal consigliato dai suoi, o consigli frettolosi e interessati di qualche colonnello desideroso di espungere il "capo" per accaparrarsi spazi di potere nel nascente PdL?

Come ogni despota che si rispetti, Fini non ha mai amato le correnti quando le correnti, nei partiti del vecchio sistema proporzionale, erano la regola. Ora si ritrova a capeggiare una corrente in un partito che è il corifeo del maggioritario, un sistema dove le correnti non hanno nessuna ragione sociale, o politica da esibire. In anticipo ieri, in ritardo oggi, il presidente della Camera si ritrova a essere un figliastro del tempo che vive e forse sente che non gli appartiene. Circostanza che rende incurabile il suo disagio a questo punto poco politico e molto esistenziale.