Ci sono anche i “caschi rosa” nella missione italiana in Libano

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Ci sono anche i “caschi rosa” nella missione italiana in Libano

03 Marzo 2009

I “Caschi Blu”… in rosa. Sono le donne del contingente italiano di stanza in Libano per la missione UNIFIL, United Nation Interim Force in Lebanon. Quasi 150 soldatesse impegnate nell’operazione di peacekeeping “Leonte 5” che vede i nostri militari dislocati nel cosiddetto Sector West della missione Onu. Le donne sono il 7 per cento dell’organico complessivo del contingente col Tricolore: 2.100 uomini in totale, tra Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare e Arma dei Carabinieri.

L’uniforme che indossano spazza via i luoghi comuni sul presunto “sesso debole”. L’impegno è lo stesso, la concentrazione e la dedizione, sempre al massimo, anche. Tra loro c‘è il primo caporal maggiore Claudia Storti, originaria di Barra, nel napoletano. Ha solo 26 anni ma è già una veterana delle missioni internazionali. Tanto che la missione “Leonte” per lei è una ‘seconda volta’, un ritorno nella Terra dei Cedri martoriata dal conflitto tra Israele ed Hezbollah.

Fuciliere in forza al reparto Comando e Supporti Tattici “Pozzuolo del Friuli” di Gorizia, dove vive ormai da quattro anni, Claudia ha scelto di arruolarsi nel 2004, per intraprendere la carriera militare nelle file dell’Esercito. “Mi piacerebbe entrare nei nuclei cinofili dell’Esercito Italiano” ci dice. Dallo scorso 28 novembre, la brigata di cavalleria “Pozzuolo del Friuli” ha assunto la responsabilità del Settore Ovest di UNIFIL agli ordini del generale di brigata Flaviano Godio.

Assieme al “bis” in Libano, Claudia ha celebrato un altro Natale lontano da casa: “E’ già il secondo che trascorro qui” sottolinea, pur senza rimpiangere la scelta di servire il suo Paese in uniforme: “Anche se la mia famiglia mi manca, questo è il mio lavoro”. Quella del giovane caporalmaggiore è la stessa determinazione che anima tutti i nostri concittadini impegnati in questa difficile missione.

Claudia presta servizio proprio presso il quartier generale del Sector West, a Tibnin, una cittadina a 650 metri sul livello del mare. Si trova inquadrata in quella che in gergo militare operativo viene definita “Force Protection”, ossia il personale militare preposto alla vigilanza interna. “Fra i miei compiti c’è anche quello di assistere il personale civile libanese che lavora all’interno della base: operai, impiegati, addetti alla cucina. Inoltre, spetta a noi garantire la cornice di sicurezza idonea in occasione di cerimonie militari e visite di autorità”.

Il lavoro del caporalmaggiore Storti inizia prestissimo, in largo anticipo rispetto all’avvio della giornata del personale civile, e si conclude la sera, quando gli ultimi impiegati rientrano alle loro case. Il riposo sembra qualcosa di sconosciuto per chi opera da queste parti.

Tra una missione e l’altra, inseguendo l’obiettivo di poter vestire le mostrine dei nuclei cinofili, Claudia prosegue nel suo cursus di studi: è iscritta al primo anno di relazioni pubbliche. E’ una sportiva, le piacciono il cinema e i viaggi. Una passione, quest’ultima, che la divisa le ha permesso spesso di coltivare: “Grazie alle Forze Armate riesco a viaggiare molto, – racconta – non solo sul territorio nazionale ma anche all’estero, come in questo caso”.

Certo, il Libano non è una gita di piacere, anzi, richiede il massimo sforzo sul fronte dell’impegno e della professionalità, ma l’esperienza delle missioni internazionali le offre comunque occasioni importanti per conoscere il mondo, genti diverse, usi, costumi e culture.

Che però l’operazione Leonte sia qualcosa di ben diverso da una “vacanza premio” lo testimonia il ruolo che i nostri soldati sono chiamati a svolgere in questo angolo del mondo. Dal Comando del settore italiano (dal quale dipendono direttamente anche i contingenti di Francia, Ghana, Malesia, Slovenia, Corea del Sud e Brunei, per un totale di oltre 4mila uomini schierati su un territorio vasto più di 750 chilometri quadrati) si alternano le pattuglie che hanno il compito di monitorare l’area, in ossequio alla risoluzione 1701 del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Le forze Nato sono in Libano su indicazione del Palazzo di Vetro, dopo la cosidetta “guerra d’estate” che nel 2006 vide contrapporsi i miliziani Hezbollah alle forze armate d’Israele. Fra i compiti cui sono chiamati i militari italiani ci sono anche la bonifica del territorio da ordigni inesplosi e lo svolgimento di numerose attività di cooperazione civile e militare con le autorità locali.