Ci sono biocarburanti che funzionano e non rubano terreno a nessuno

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Ci sono biocarburanti che funzionano e non rubano terreno a nessuno

20 Ottobre 2008

C’è una forte preoccupazione quando si parla di biocarburanti: destinare terra produttiva a colture da energia anziché alimentari fa aumentare il prezzo di mais, soia, frumento mettendo in ginocchio le economie dei paesi più poveri. Il ministro delle finanze indiano ha dichiarato senza mezzi termini che il processo di conversione da colture alimentari ad energetiche è un crimine contro l’umanità.

Non è semplice determinare, alla luce delle complesse dinamiche del mercato che stiamo attraversando, quanto questo fenomeno, alimentato anche dalle politiche di sussidio, possa far aumentare il prezzo delle tortillas in Messico o dei derivati di soia nelle altre parti del mondo. Ma se così fosse, esistono forse alternative che devono essere considerate affinché il ricorso a fonti energetiche alternative possa essere un percorso sostenibile. Non sono i terreni produttivi che devono essere "colonizzati" da colture per energia ma quelli meno produttivi, non adatti alle colture alimentari (NATURE|Vol 449|11 October 2007 pp 652-655).  

Piante poco note come la Jatropha curcas o la Pongamia pinnata possono produrre un olio che brucia bene ed inquina poco (con rese fino al 30% del loro peso). Un combustibile che è in grado tal quale di far funzionare un generatore di elettricità o una pompa e, se sufficientemente raffinato, ottimo come biodisel per camion e trattori. L’India sta puntando su queste ed altre piante con proprietà simili per coprire entro il 2017 il 20% della domanda interna di biodiesel. Non è fantascienza.

Un gigante del petrolio come BP ha recentemente siglato una joint venture con D1 oils, un’azienda di biocarburanti che ha scommesso sulle potenzialità di queste piante, che non entrerebbero in competizione con mais, soia e frumento. Sessanta ettari di Pongamia pinnata richiedono tanta acqua quanto 1 ettaro di colture tradizionali, per cui, grazie alla loro elevata rusticità, potrebbero essere coltivate su terreni dove altre colture sarebbero economicamente improponibili   (The Economist  – Sett. 20 2008 p.68).

Una curiosità: la Jatropha, in quanto velenosa, veniva utilizzata come siepe protettiva dei campi colivati, fungendo come deterrente per gli animali al pascolo. In Tanzania, alcune tribù la facevano mangiare a tipi sospetti e potenziali nemici: se la vomitavano erano innocenti, se morivano erano colpevoli. Anche per le piante, come per gli esseri umani, si presenta sempre una second chance, e la Jatropha passa oggi a nuova vita, da boia ad energia del futuro!