Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sognino i neo-democristiani
07 Ottobre 2011
Che cosa accomuna Scajola, Pisanu, Fini, Casini, Riccardi, Rutelli, Formigoni, Lupi, Bonanni…? Niente, zero, nulla. Certo si agitano, tramano, incontrano, danno interviste, ma questa non è una prerogativa soltanto loro.
Sono “moderati”? Forse, ma anche qui il 90 per cento del Pdl si definisce moderato e l’80 per cento del Pd farebbe altrettanto se il brand non fosse un po’ compromesso.
Sono cattolici? Si, mah, boh. Qualcuno di più, qualcuno meno, qualcuno quando capita o quando conviene. Ma si potrebbe dirlo della maggioranza degli italiani.
Sono ex/post/neo democristiani? Non tutti, non sempre, non conta.
Il fatto dunque che vengano spesso messi nello stesso calderone da molti giornali in cerca di brividi post-berlusconiani la dice lunga sull’impazzimento generale e sulla stessa inutilità dei giornali in questa fase. Li leggo tutte le sere alla radio e poi li rileggo la mattina in redazione: sono fatti di retroscena senza scena, scoop senza notizie, analisi senza dati, scenari senza prospettive.
Oggi leggo su Repubblica – per fare un esempio – che Scajola e Pisanu sarebbero “due pezzi da novanta e grandi catalizzatori di voti” e che con la loro regia “sta nascendo qualcosa di nuovo dai rami secchi del Pdl”. Sembra satira ma lo spacciano per vero. Solo l’idea che qualcosa di nuovo possa nascere per la regia di Pisanu e Scajola fa ridere.
Andate per strada e chiedete in giro cosa sanno di quei due pezzi da novanta. Del primo forse qualcuno ricorda che in un tempo lontano è stato ministro dell’Interno e che nella preistoria aveva avuto qualcosa a che fare con Aldo Moro; i più esperti diranno che è sardo. Sul secondo otterrete risposte molto più informate: molti vi diranno che abitava in una casa che qualcuno gli aveva regalato a sua insaputa e che per questa storia si è dimesso da ministro di qualcosa. I veri appassionati ricorderanno che era un democristiano di seconda fila in Liguria e che poi in Forza Italia mostrò qualche dote da bravo organizzatore di tessere e congressi. Entrambi – come tutti nell’era del porcellum – hanno smesso da tempo di prendere voti e molto probabilmente hanno dimenticato come si fa.
Se è da questo che deve nascere qualcosa di nuovo, “i rami secchi” del Pdl possono stare tranquilli.
Si dice che tutto questo calderone ribolle e freme perché fatto di cattolici timorati ormai in sofferenza per la vita dissoluta e dissipata del premier. Sarebbe ben triste cosa per il mondo cattolico trovarsi a rinserrare i ranghi sotto le insegne del perbenismo guardone e dell’indignazione da sottoscala dopo alcuni anni di seminagione piuttosto libera e feconda nei piani alti della politica. Rinunciare alle pubbliche virtù per colpa dei vizi privati è una scelta difficile se si vuole continuare a fare politica. Altro conto se si prende la via dell’ascesi e del ritiro spirituale, ma nessuno di quei “pezzi da novanta” elencati all’inizio sembra destinato a tanto.
Si dice ancora che i cattolici sono smarriti e senza approdi e per questo sentono la necessità di una grande ressemblement ulivista e clericalilzzante. Ma smarrimento e mancanza di approdi visibili non è esclusiva dei cattolici. E’ vero che da ultimo anche le cosiddette “gerarchie” hanno dato qualche cenno di sbandamento, ma se c’è qualcuno da cui ci si aspetta un senso della direzione più fermo e uno sguardo meno nervoso sulle cose del mondo questi sono i proprio i cattolici. Loro, almeno, hanno un ubi consistam meno transeunte del solo potere e meno futile degli organigrammi, hanno in serbo “principi non negoziabili” che sono una bella bussola e tosta in mareggiate anche peggiori delle nostre. Dovrebbero sapere bene dove piantare le tende e cosa fare per allargare l’accampamento e non dovrebbero aver bisogno di girare col lanternino bussando da questo o da quello in cerca di ospitalità. Se lo fanno, il rischio è che perdano molto più di quel che possono trovare.
La sensazione che “i cattolici” siano pronti a darsi al miglior offerente in cambio di un paio di poltrone di governo dovrebbe essere spazzata via al più presto proprio da coloro che ritengono irrinunciabile il ruolo della fede nella sfera pubblica. Se il “cortile dei gentili” diventa un mercato anche il Tempio perde terreno.
Per questo ci si aspetta molto dai due appuntamenti fortuitamente convergenti di Norcia e di Todi. Il primo è l’incontro annuale di Magna Carta inserito nel ciclo “ A Cesare e a Dio”, il secondo è il forum delle associazioni cattoliche. Ci sarà da discutere, da capire, da metterci la faccia, magari da litigare. Ma non veniteci a dire che il problema è Berlusconi: ci aspettiamo qualcosa di più.