Ciad. N’djamena, fuoco di armi pesanti

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Ciad. N’djamena, fuoco di armi pesanti

03 Febbraio 2008

Fuoco di armi pesanti nelle strade di N’Djamena, la capitale del Ciad dove da ieri sono in corso combattimenti tra le forze regolari fedeli al presidente Idriss Deby e la milizie ribelli.

I colpi di cannone sparati dai carri armati e il fuoco di armi automatiche provengono dalla zona del palazzo presidenziale, circondato ieri dalle milizie ribelli; secondo alcune fonti militari sarebbero intervenuti anche gli elicotteri da combattimento dell’esercito ciadiano.

Sembra così tramontata la possibilità di un cessate il fuoco, per il quale si era raggiunto un accordo di massima nella notte grazie alla mediazione libica: una parte delle milizie si era detta disposta ad una tregua a condizione tuttavia che l’intesa fosse accettata anche dagli altri gruppi.

Le milizie ribelli, che possono contare su circa 2mila effettivi, sono infatti formate da una coalizione di tre gruppi distinti, il principale dei quali è guidato dall’ex diplomatico Mahamat Nouri e da un nipote di Deby, Timan Erdimi. I ribelli accusano Deby di corruzione e di non sostenere a sufficienza le milizie nella vicina provincia sudanese nel Darfur, parte delle quali formate da membri della tribù dello stesso Deby, gli Zaghawa, diffusa in entrambi i Paesi.

La situazione militare rimane confusa. Sono nel frattempo in corso le operazioni per il rimpatrio dei cittadini stranieri, la cui protezione è assicurata dai militari del contingente francese presente in Ciad dal 1986 e che costituirà l’ossatura della futura missione europea Eufor, il cui dispiegamento è stato rimandato di alcuni giorni dopo lo scoppio dei combattimenti. Gli italiani sono circa 200 – la metà dei quali missionari – e la Farnesina ha preso contatto con le circa venti persone che vogliono lasciare il Paese, già al riparo nei tre punti di raccolta allestiti dai militari francesi nella capitale; anche le Nazioni Unite hanno deciso di far sgomberare dalla capitale tutto il personale dell’Unhcr e del programma Alimentare Mondiale, sempre con la cooperazione del contingente francese.

 

APCOM